by Maria Grazia Casella | 5 Dicembre 2022 10:59
È tempo di previsioni per l’anno che verrà. Ed ecco che arriva puntuale la ricerca annuale sulle tendenze di viaggio per il 2023 di Booking.com, presentata a Bto 2022 da Alberto Yates, regional director partner services della piattaforma di prenotazioni.
Cinque i mega trend emersi dall’indagine condotta a livello globale su un campione di oltre 20mila persone che intendono viaggiare per svago o lavoro nei prossimi 12-24 mesi. Tra i nuovi modi di concepire il viaggio irrompe la realtà virtuale, intesa dal 43% degli intervistati come fonte di ispirazione, mentre il 35% vorrebbe fare un’esperienza di viaggio nella realtà virtuale o aumentata, sebbene il 60% ritenga che non sia appagante come farlo di persona. Per contro, tra le tipologie di vacanza più popolari spiccano, con l’88% di preferenze, le vacanze nostalgiche. «E’ il fascino dei bei vecchi tempi – commenta Yates – Un trend di attualità soprattutto per le generazioni nate senza la tecnologia, che cercano il viaggio per disconnettersi completamente, condividere esperienze con la propria famiglia, gli amici, riscoprire le cose semplici e magari tornare un po’ bambini visitando un parco divertimenti».
Su questa linea si inserisce anche il trend dei pellegrinaggi all’insegna della serenità e del piacere, dedicando la vacanza al benessere e alla salute: il 42% vorrebbe concentrarsi sulla propria salute, non solo fisica, ma anche mentale, con ritiri di meditazione e altre esperienze: «Lo riscontriamo anche dalle ricerche di strutture ricettive con centri benessere, villaggi termali, servizi che possano farci ritrovare quella serenità che nel quotidiano magari tendiamo a perdere», sottolinea.
Un’esigenza, questa, che si riscontra anche nel turismo d’affari con il ritorno dei viaggi business “dal vivo”, ma con modalità diverse rispetto al pre pandemia. Si sta facendo strada “un’idea del business travel all’interno del proprio team di lavoro, passando dalla routine quotidiana alla fuga di gruppo per creare team building e spirito di gruppo tra colleghi attraverso attività ed esperienze condivise”.
Il tutto con un occhio al costo del viaggio, perché tra crisi economica e inflazione il 68% dei viaggiatori fa molta attenzione al budget da dedicare ai viaggi, ma il 50% considera ancora una priorità l’investimento per una vacanza.
«Questo non significa spendere meno, ma spendere meglio – precisa Yates – E che ci sarà una pianificazione molto più attenta in tutte le fasi del viaggio, programmando in maniera molto puntuale tutti gli aspetti, dai trasporti all’alloggio, alle esperienze che si vogliono vivere».
Per contenere i costi il 63% degli intervistati terranno d’occhio offerte e altri modi per risparmiare, mentre il 53% è disposta a viaggiare fuori stagione o su rotte più lunghe, ma anche a partire in bassa stagione e organizzare le proprie vacanze con largo anticipo, con conseguente diminuzione delle prenotazioni last-minute nel 2023.
A larga maggioranza il 73% dei viaggiatori conferma comunque di essere più ottimista riguardo ai viaggi rispetto al 2022 e, nonostante il clima di incertezza economica e politica a livello globale, il 72% sostiene che valga comunque la pena viaggiare.
LA PARTNERSHIP CON BOOKING.COM. Sempre nell’ambito di Bto 2022, durante un panel condotto da Nicola Zoppi, ceo di Mind Lab Hotel, dedicato al rapporto tra Booking.com e i suoi partner, Alberto Yates si è confrontato con un’affollata platea, formata in larga parte da albergatori e gestori di strutture ricettive, su opportunità e controversie della partnership con la principale piattaforma di prenotazioni turistiche online.
Una fetta rilevante, che da tre anni include anche i voli, «un segmento che a livello globale è cresciuto del 45% rispetto al 2021 – ha dichiarato Yates – Ma se partiamo dal 2019, la crescita per i voli è ben maggiore perché il prodotto era stato appena lanciato. La cosa più interessante è che il 20% delle persone che hanno prenotato un volo sono nuovi consumatori di Booking.com, quindi persone che non avevano mai prenotato sulla piattaforma e questo ci permette di acquisire nuovi clienti che poi possono prenotare qualsiasi altro vertical che noi offriamo, quindi a partire dal volo, poi l’alloggio, il car rental e infine le attraction. La nostra mission è il connected trip per trovare clienti in un punto decisionale più alto rispetto a quello che avevamo in precedenza, migliorando l’esperienza di viaggio».
Più che per ogni altro sistema di prenotazioni, il sentiment verso Booking.com da parte dell’albergatore medio è stato a volte controverso, schiacciato tra desiderio di disintermediazione e aspirazione a riempire comunque le camere contenendo il più possibile i costi di acquisizione. «Se disintermediare significa avere il cliente che arriva gratuitamente in albergo – ha affermato il manager – sappiamo che è praticamente impossibile. Oggi c’è un costo di acquisizione del cliente e uno può scegliere il canale di distribuzione dal quale attingere; Booking.com è semplicemente un altro canale di distribuzione. Anche l’acquisizione diretta ha un costo, che può essere anche solo la persona che fa Mice alla quale pago lo stipendio. Avere Booking.com dà comunque la possibilità di pagare una commissione solamente per i clienti che pernottano, quindi è un ritorno d’investimento sicuro, che non viene fatto in anticipo, ma solo quando il cliente entra in struttura, gestendo tutto in maniera autonoma, in piena flessibilità».
Quello che contestano semmai gli albergatori è l’elevata commissione, che per la maggior parte degli operatori si è livellata su una base del 15%, sotto cui non sarebbe sostenibile scendere, ma sono in molti a chiedersi cosa comprenda. «Oltre all’acquisizione del cliente, al supporto, al customer service, c’è la visibilità – ha specificato Yates – non solo sul mercato italiano, ma a livello globale, perché il sito è tradotto in 42 lingue, la pagina viene sponsorizzata e abbiamo team locali che non solo lavorano per tradurre il vostro contenuto, ma anche per massimizzare quelli che sono i viaggiatori di quel determinato Paese, magari facendo delle partnership con le compagnie aeree. Quindi dietro c’è un lavoro enorme, anche di account management, condivisione di dati, overview sui mercati di riferimento, periodi di picco, pensate a quanto costerebbe avere tutto questo da una fonte esterna. In più c’è il billboard effect, cioè i clienti che arrivano in maniera diretta, questi sì a costo zero, ma sempre attraverso la vostra visibilità su Booking.com. E tutto questo è all’interno di quella commissione che viene pagata solo sul cliente che alla fine prenota il soggiorno».
Una questione che ha creato una certa agitazione tra gli albergatori è il fatto che, dopo la gestione dei pagamenti, Booking.com si propone di “aiutare” gli hotel anche nella convalida delle carte di credito. A questo riguardo, Yates ha puntualizzato che «la gestione del pagamento è uno dei motivi che genera più complessità nella persona che viaggia, non sapere se e quando verrà addebitata la carta, da chi, quanto. Quindi, nel momento in cui il cliente decide di pagare in struttura, come Booking.com gestiamo in toto il processo delle carte di credito, il cliente sa quando e che cosa andrà a pagare, perché riceverà la notifica nell’app. Se non ci sono gli importi, la prenotazione viene cancellata. Tra l’altro la struttura ricettiva ha la possibilità di modificare tutte le sue politiche di cancellazione, dunque decidere in autonomia come e quando Booking.com va ad addebitare, anche quando il cliente non arriva. Gestiamo milioni di prenotazioni e abbiamo fatto diversi test, la nostra capacità di addebitare un no show è molto più alta rispetto a una struttura ricettiva perché siamo un partner certificato»
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