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Thailandia, inno alla gioia – Il Reportage

Thailandia da adobe

Per scoprire il Paese del sorriso devi immaginare la notte che abbraccia l’alba. La sagoma della Thailandia sbuca dalle nuvole dopo quasi 11 ore di viaggio e il cronista assonnato inizia mentalmente a prendere appunti, mentre il volo TG941 di Thai Airways corre incontro alla luce. È il primo a percorrere la rotta che congiunge Milano Malpensa a Bangkok dopo quattro anni, segnati dalle cicatrici della pandemia: proprio la riattivazione del volo ha agevolato l’accesso dei turisti italiani e, in generale, ad agosto sono stati superati i livelli pre Covid, 41.000 arrivi contro i 39.000 del 2019. A novembre via anche ai voli Ita da Fiumicino.

La cerimonia di ripresa dei collegamenti si consuma al gate d’imbarco, fra taglio del nastro e discorsi di protocollo. Apre Rithavee Plikarnon, team lead France, Italy, Belgium and United Kingdom, commercial department di Thai Airways: «La reintroduzione del nostop tra Milano e Bangkok offre una connessione diretta e giornaliera tra due delle città più dinamiche d’Europa e del Sud-est Asiatico». Ancora più solenne Sandro Botticelli, marketing manager dell’Ente nazionale per il turismo thailandese in Italia: «Il 1° luglio, d’ora in avanti, sarà ricordato come un anniversario da celebrare per il Tat». È il prologo al decollo, 15.50 ora italiana.

Mettete in un Boeing 737 Dreamliner due classi di servizio ad alto tasso di comfort e l’inconfondibile tocco dell’ospitalità thailandese, con menù esclusivo – coniugato in base ai sei sensi Ayatana: vista, gusto, olfatto, udito, tatto e sensibilità – annaffiato da vini italiani e il gioco è fatto. Una canzone dei “Deep purple” sarebbe la perfetta colonna sonora del viaggio: tutto è viola, dalle divise delle hostess – fatte a mano con materiale riciclato dalle bottiglie di plastica usate a bordo – alle coperte per i passeggeri.

E non c’è viola senza seta, altro mood del Paese: “Smooth as a silk” è il motto di Thai, compagnia di bandiera a compartecipazione reale, e il viola è il colore preferito della Regina madre dell’attuale sovrano, Rama X. L’aereo tocca la pista dell’aeroporto di Suvarnabhumi alle 7.30 locali, il biglietto da visita di Bangkok è una cappa di umidità micidiale.

SULL’ISOLA DI KOH SAMET

Sotto un cielo plumbeo una megalopoli di 16 milioni di abitanti, ma non è il primo obiettivo del press tour. I due van riservati ai giornalisti puntano sul porticciolo di Ban Phe a Rayong, a due ore di distanza: rapido check in e sorrisi a profusione del personale del Paradee Resort, la nostra meta sull’isola di Koh Samet. Paradiso di nome e di fatto. Per la conferma basta mezz’ora di navigazione in un mare turchese: siamo in bassa stagione, dalle nuvole basse filtra un raggio di sole poco convinto, ma il fascino della natura è intatto. Sulla sabbia bianca ad attenderci un comitato d’accoglienza, mani giunte e un leggero inchino, accompagnati dal saluto di rito: Sawadee kha per le donne e Sawasdee khrap per gli uomini.

Paradee Resort, dunque, 5 stelle, il più lussuoso dell’isola e tra i primi cinque della Thailandia, griffato Samed Resorts Group: 40 ville in stile coloniale dotate in gran parte di piscina con jacuzzi, circondate dalla giungla tropicale. La piscina fronte spiaggia è l’ideale per un cocktail al tramonto in attesa del gustoso pad thai, uno dei grandi must del Paese. Così come il massaggio Thai, una razione di un’ora e mezza ciascuno, tanto per confermare che se non siamo in paradiso poco ci manca. Meno celestiali le strade, ma gli spostamenti in songtaew (un pick up verde) sono un’esperienza unica. Lo sciabordio delle onde che lambiscono la spiaggia è la melodia che accompagna le cene nei ristoranti dell’isola.

In uno di questi, affondati in eleganti poltrone di vimini, assistiamo a uno show di musica, danze e fuochi: lo spirito di un Paese che esalta la sua anima originale in un ritmo travolgente. Lo stesso che si riverbera sulla street art che colora i muri di un bar apparso dal nulla nell’oscurità, quando decidiamo di regalarci un’esperienza a base di liquori locali. È Koh Samet, bellezza.

TRA RAMBUTAN E BANGKOK

La strada che porta a Bangkok è disseminata di rambutan. Se si parla di vero street food thailandese non si può prescindere da questo frutto tropicale, da sgusciare e gustare in piedi fra le bancarelle del mercato di Ban Phe: il sapore ricorda quello dell’uva, è un rimedio per la cura del sistema nervoso e contro l’invecchiamento della pelle. Si riparte, il viso resta attaccato al finestrino del van per cogliere ogni particolare di una Thailandia in bianco e nero, tra scene di vita rurali e zone industriali, sotto l’immancabile cielo grigio che regala qualche scroscio di pioggia.

Il mantello di umidità che avvolge la capitale soffoca il respiro, ma non le emozioni e neppure il traffico, che stringe in una morsa implacabile Krungthep, la “città degli angeli”. Così i thailandesi chiamano Bangkok, perché è qui che dimora la casa reale: Rama, capostipite dell’attuale dinastia, l’ha fondata nel 1782, sostituendo l’antica capitale Chiang Mai.

Quando arriviamo all’Anantara Riverside Bangkok Resort, 5 stelle, la città sembra lontana anni luce, nonostante il centro commerciale piantato davanti. Affacciato sul fiume Chao Phraya, l’hotel si fa largo tra giardini rigogliosi che circondano una grande piscina con getti di idromassaggio. Per farci toccare con mano il cuore della città, dal cilindro di Alessandro e Mario – i mentori italiani di Thai e Tat che ci accompagnano – esce Pi Noi, la guida locale. Con lei Bangkok non ha segreti.

NEL CUORE DELLA CITTÀ

Di certo ne aveva qualcuno Jim Thompson: la sua casa-museo è uno dei pezzi forti della città. Agente dell’Oss (Office of Strategic Services, antesignano della Cia) durante la Seconda guerra mondiale, Thompson si trasferisce in Thailandia nel 1946 e scompare in circostanze misteriose nel 1967. Diventa un imprenditore della seta e collezionista d’arte del Sud-est asiatico: statue, dipinti e porcellane sono conservate in questo suggestivo complesso di sei case tradizionali costruite nel 1959 (con pavimenti di marmo italiano), la metà immersa in giardini tropicali. Oggi la struttura è amministrata dalla James H. W. Thompson Foundation.

È qui che Thai Airways “ci prende per la gola” con un sontuoso banchetto, replicato la sera seguente dall’Ente nazionale per il turismo thailandese: portate su portate, vini su vini, ma non il coltello a tavola, perché la tradizione locale impone di usare solo forchetta e cucchiaio. Meraviglie culinarie che si aggiungono ai tesori di inestimabile valore artistico sfoggiati da Bangkok: il Grande Palazzo Reale è la perla più scintillante. All’interno spicca il Wat Phra Kaew, il più sacro tempio buddista della Thailandia, che custodisce il Buddha di smeraldo: protetto da 12 giganti guardiani, 66 cm di giada, solo il Re può toccarlo per cambiare i suoi abiti d’oro, che valgono 130 milioni di Bath.

Una volta tolte le scarpe, si entra: si prega in sanscrito, alle donne non è consentito sedersi con i piedi in avanti. La luce è accecante, ma aumenta d’intensità nel tempio Wat Pho al cospetto del Buddha sdraiato: 15 metri di altezza per 46 di lunghezza, placcato d’oro, risalente a 190 anni fa. Il Wat Pho è anche la più antica scuola per la medicina e il massaggio Thai.

DALL’AURORA ALLA NOTTE

Per visitare Wat Arun, il tempio dell’Aurora, risaliamo in barca il Chao Phraya tra uno schizzo e l’altro, sbirciando i movimenti sulle due rive. Tra i monumenti più noti della Thailandia, viene chiamato così per i meravigliosi effetti cromatici alle prime luci del mattino. Quelle della notte, invece, animano la Bangkok vista dall’alto: lo skyline dal Trok Silom Rooftop Space ha il fascino di un quadro che non ha prezzo. È l’ultima immagine che ti resta in testa prima di salire sull’aereo per Milano. Sawasdee khrap. Si dice così, no?

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