Crediti d’imposta e ammortizzatori sociali: sono queste le principali contromisure per l’emergenza derivante dal fallimento Thomas Cook presentate oggi da Federalberghi al Mibact nel corso dell’incontro con la sottosegretaria al turismo, Lorenza Bonaccorsi. Un pronto intervento ipotizzato dallo stesso esecutivo per scongiurare che potrebbe scaturire nelle prossime settimane tra le imprese turistico-ricettive italiane dopo le preannunciate chiusure di oltre 500 alberghi in Spagna.
Il secondo tour operator europeo, infatti, ha lasciato sul terreno debiti per oltre 2 miliardi di euro, buona parte dei quali relativi a prestazioni di servizi rese da aziende turistico-ricettive italiane e di altri paesi del Mediterraneo.
Nel dettaglio, il pacchetto di misure sottoposto al governo dal presidente della federazione, Bernabò Bocca, prevede l’attivazione di un credito di imposta temporaneo, di importo proporzionale al credito vantato verso il Gruppo Thomas Cook, per evitare che le imprese vadano in crisi di liquidità.
E ancora c’è la proposta della definizione di un regime di Iva per cassa per tutte le fatture emesse e da emettere nei confronti di Thomas Cook, per evitare che le imprese debbano anticipare un’imposta che non hanno incassato e che potrebbero non incassare mai.
Inoltre viene anche proposta la svalutazione dei crediti iscritti in bilancio nei confronti del Gruppo Thomas Cook, per evitare che le imprese italiane, con l’approvazione del bilancio per l’anno 2019, siano tenute a pagare imposte su ricavi teorici ed incerti, ed infine l’attivazione di ammortizzatori sociali in favore dei dipendenti delle aziende coinvolte dalla situazione di crisi, con particolare riferimento a quelle che conferivano al Gruppo inglese quote rilevanti della propria capacità ricettiva e che hanno già contrattualizzato il personale per far fronte agli impegni dei prossimi mesi.
Da un primo monitoraggio effettuato da Federalberghi tra le strutture ricettive italiane colpite dallo “tsunami Thomas Cook” , risulta che il 10,3% delle aziende intervistate ha ospitato o si apprestava ad ospitare clienti che hanno prenotato tramite l’operatore nel corso del 2019, dal 1° gennaio al 31 dicembre.
Inoltre, nel 47,2% dei casi si tratta di alberghi a quattro o cinque 5 stelle, nel 36,3% dei casi di alberghi a tre stelle, nel 18,4% di alberghi a una o due stelle o appartenenti ad altre categorie.
Nella mappatura geografica risulta poi che la maggiore concentrazione nelle località balneari e lacuali di Lombardia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto.
Altra nota di rilievo riguarda la tempistica: il 91% dei clienti aveva concluso il suo soggiorno prima del 23 settembre 2019 (data in cui è stata formalmente avviata in Inghilterra la procedura fallimentare), l’1,9% si trovava in vacanza a tale data, il 6,4% aveva prenotato per un periodo successivo.
Bocca, inoltre, ha insistito sulla necessità di fare chiarezza in ordine alle modalità con cui si è consumata questa vicenda, per verificare quale sorte abbiano subito i grandi flussi di denaro che sono stati incassati dal gruppo Thomas Cook nei mesi scorsi, quando milioni di turisti hanno acquistato i suoi pacchetti. Pacchetti per i quali gli alberghi e gli altri fornitori hanno prestato servizi senza essere pagati o, addirittura, per i quali il viaggio ancora non è iniziato.