Sono sempre di più i voli cancellati dalle compagnie aeree per l’emergenza coronavirus. A causa del crollo delle prenotazioni, infatti, Ryanair (compresa Lauda Air) ha cancellato il 25% dei voli dal 17 marzo all’8 aprile, così come c’è stata una riduzione della capacità anche per vettori come ad esempio Alitalia, Lufthansa o British Airways. Delta e American Airlines, poi, hanno sospeso i voli diretti a Milano Malpensa.
Tutti casi, questi, come riporta La Repubblica, per cui il regolamento europeo 261 del 2004 parla chiaro: i passeggeri hanno pieno diritto al rimborso totale del biglietto, con il risarcimento che, invece, risulta molto difficile da ottenere. Se il collegamento è cancellato per ragioni indipendenti dalla volontà della compagnia aerea non si ha diritto all’indennizzo; diverso il discorso per i voli diretti verso città non sottoposte a restrizioni e non vicine a zone che lo sono. Se il vettore cancella il volo per mere esigenze economiche, il risarcimento (secondo le norme Ue va dai 250 ai 600 euro) può essere chiesto.
Molti passeggeri, però, non hanno il volo cancellato ma non possono prenderlo perché vivono in una zona rossa e, quindi, non possono muoversi. E ancora, c’è la problematica relativa ai Paesi che non permettono lo sbarco di italiani. Per casi extra come questo, Enac fa sapere che i passeggeri hanno diritto al rimborso.
Su La Repubblica, infatti, Enac precisa che il rimborso “deve essere richiesto al vettore facendo riferimento all’ordinanza o al provvedimento con il quale è stata disposta dal presidente della Regione o dal prefetto la restrizione e che, se la compagnia aerea si rifiuta di applicarlo, il passeggero può adire le vie legali o può rivolgersi anche alle Alternative dispute resolutions e Online dispute resolutions”.