Sempre connesso e al centro dei processi aziendali. Perché in un mondo che cambia rapidamente, il business travel e i travel manager non possono essere da meno. «Semplicità, integrazione e automazione. Sono questi i bisogni del corporate travel di domani», ha spiegato Luca De Angelis, managing director Hrs Italy & Spain, dal palco del tradizionale appuntamento del Corporate Lodging Forum organizzato dall’azienda tedesca a Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana a Milano.
«Oggi, lo vediamo un po’ ovunque, il viaggiatore viene messo al centro delle strategie di molti player dei viaggi, ma deve essere al centro anche di tutte le connessioni dell’azienda». Insomma, per i travel manager del Terzo Millennio che devono diventare dei veri e propri «travel ceo aziendali», il compito non è di certo facile, ma a correre in loro soccorso arriva la tecnologia. Strategic management, automatic data driver, end-to-end solution, connecting expertise, le parole dei viaggi d’affari di domani vanno tutte nella direzione di facilità d’uso e automazione.
«Il business travel sarà guidato da soluzioni semplici e utilizzabili in qualsiasi istante, sempre connesse», ha aggiunto Fulvio Origo, marketing manager di Hrs, sottolineando come proprio nel settore dell’hôtellerie siano in corso una serie di cambiamenti destinati a stravolgere il lavoro (anche) di chi organizza le trasferte aziendali. «La proprietà degli immobili si separa in modo crescente da chi poi li gestisce, con ovvie conseguenze per chi poi deve effettivamente distribuire il prodotto».
E che l’innovazione faccia paura, non solo in ambito business travel, lo ha confermato anche Federico Ferrazza, direttore di Wired: «Le novità stanno imponendo cambiamenti a una velocità mai vista prima. Nessuno può prevedere il futuro, ma ciò che è certo è che oggi i maggiori tassi di capitalizzazione li possono vantare solo le aziende digitali».
La sfida allora è passare da una mentalità statica a una dinamica, secondo Ivan Mazzoleni, business digital transformation lead Microsoft Italia: «Non è più questione di non saper fare una cosa, dobbiamo dirci che “ancora” non la sappiamo fare». Attenzione, poi, a credere in modo cieco all’intelligenza artificiale, e a tutti gli sviluppi (travel compreso) che l’AI potrà avere. Le nuove frontiere si chiamano “autenticità” ed esperienze reali. «Dietro allo stesso acronimo, si sta facendo strada il concetto di Augmented Ingenuity, che sta a indicare come il vero ingegno risieda nella capacità di creare punti fuori schema, posto che tutto quello che il cervello umano può fare in meno di un secondo sarà una commodity e verrà immagazzinato con l’aiuto di soluzioni tecnologiche».
Il futuro, quindi, non si giocherà né sui dati né sulla capacità di calcolo. «L’essere umano sarà sempre più chiamato a fare domande, il vero valore lo genererà chi sarà in grado di farle», sottolinea Mazzoleni. Ma non è finita, perché l’altro requisito fondamentale sarà la connessione, «finalizzata alla condivisione di idee e progetti grazie alla creazione di un nuovo ecosistema che colleghi tra loro menti e cervelli».
Risultato: a vincere sarà l’abilità di mettere a sistema qualcosa che non è standardizzabile, piuttosto che una sequenza di cose. «È il motivo per cui già oggi nelle posizioni di top management delle più importanti multinazionali vince la circolarità di pensiero, ben posseduta dai manager indiani». E nel business travel? «Oggi la tecnologia ci fa conoscere meglio clienti e viaggiatori, dandoci la possibilità di trovare soluzioni seamless. Tanto più che i viaggiatori millennial, se il tool non è semplice, non lo usano, creando così eccezioni alla policy», ha concluso De Angelis. Le aziende che non evolvono perdono così il controllo dei viaggiatori, con la conseguenza di realizzare minori saving. «Se non offriamo semplicità di soluzione avremo sempre più scostamenti dalla policy».