Trump bis, effetto America First
sull’industria turistica
Con il giuramento prestato all’interno del Campidoglio, a Washington, è ufficialmente iniziato il secondo mandato da presidente degli Stati Uniti di Donald Trump. Il Trump 2.0 si preannuncia di netta rottura con la precedente amministrazione Biden e sarà probabilmente anche molto diverso dal primo mandato del tycoon alla Casa Bianca: l’ampia vittoria alle presidenziali e la possibilità, almeno per i primi due anni, di avere il controllo delle due Camere del Congresso gli permetteranno di attuare le sue politiche, che appaiono più chiare e delineate rispetto a otto anni fa su temi quali l’immigrazione, l’istruzione, il commercio internazionale, la difesa. Trump è anche un uomo d’affari, con investimenti nel settore alberghiero: cosa aspettarsi, allora, per l’industria dei viaggi e del turismo nei prossimi quattro anni?
Dazi doganali, imposte sui redditi e lavoro – oltre a quanto già scritto qui e qui – saranno probabilmente i tre punti su cui si concentreranno le attenzioni dell’industria turistica statunitense durante il secondo mandato di Trump, conscia che le politiche aggressive del presidente avranno ripercussioni dirette e indirette sul settore. L’agenda America First potrebbe per esempio avvantaggiare il turismo nazionale, con il miglioramento delle infrastrutture e delle reti di trasporto.
L’IMPATTO DEI DAZI
Trump vuole imporre nuovi dazi, soprattutto per le importazioni da Messico, Canada e Cina, che inevitabilmente «alzeranno il costo delle importazioni statunitensi, a seconda degli Stati coinvolti», ha commentato Mark Woodworth, che guida il Woodworth Core Group, intervistato dal sito Hospitality Investor. «Per gli alberghi, si tradurrà in un aumento dei costi di FF&E (mobili, infissi e accessori, ndr), rendendo molto più difficile la possibilità di nuovi progetti». Jan Freitag, analista di CoStar Group e vicepresidente senior della società di analisi Str, ha sottolineato che i dazi potrebbero poi creare altri ostacoli, come per esempio «far crescere l’inflazione, costringendo la Federal Reserve (la Banca centrale statunitense) a tenere i tassi d’interesse più alti, più a lungo. I costi di costruzione continuerebbero probabilmente ad aumentare». I dazi, poi, potrebbero rafforzare il dollaro statunitense, già salito in queste settimane ai massimi degli ultimi due anni, rendendo più convenienti le vacanze all’estero per i residenti statunitensi e più costosi i viaggi verso gli Stati Uniti.
MENO TASSE, PIÙ VIAGGI?
Un aiuto all’industria alberghiera potrebbe arrivare dalle politiche fiscali del nuovo governo. «La visione di Trump su imposte e normative ambientali è pro-individuo e pro-business», ha detto Woodworth, notando che «molte industrie potrebbero beneficiare di questo cambiamento». Durante il primo mandato, Trump voleva eliminare due norme per ogni norma creata. Questa volta, si è spinto fino a promettere la cancellazione di dieci norme per ogni norma creata, con l’intento di ridurre i costi di chi fa business, facendo crescere la profittabilità delle imprese. Un abbassamento delle aliquote fiscali potrebbe poi permettere alle famiglie di avere più contanti a disposizione per viaggi e vacanze e alle aziende di organizzare viaggi di lavoro. C’è poi la questione delle imposte federali sulle mance ricevute dai lavoratori del settore, che Trump vorrebbe eliminare. Serve, però, l’intervento del Congresso per emendare le leggi tributarie.
INCOGNITA LAVORO
L’occupazione è forse la questione che preoccupa maggiormente il settore ospitalità già da diversi anni. La situazione, con Trump, non è prevista in miglioramento, a causa della stretta sull’immigrazione. Anche se la minaccia di espellere dagli Stati Uniti milioni di lavoratori irregolari è di difficile attuazione, qualsiasi azione volta a ridurre il bacino potenziale di lavoratori disponibili è vista negativamente dall’industria. «La riforma dell’immigrazione potrebbe avere un impatto sui lavoratori nati all’estero in arrivo negli Stati Uniti con permessi stagionali o permanenti», ha commentato Freitag. Il settore ospitalità è il terzo più popolare tra i lavoratori immigrati senza permesso, che rappresentano il 7,1% della forza lavoro totale, secondo i dati dell’American Immigration Council. Un numero inferiore di lavoratori disponibili potrebbe far aumentare il costo del lavoro e creare problemi a livello operativo. Inoltre, un’espulsione di massa di cittadini stranieri senza documenti potrebbe avere ripercussioni anche sui flussi migratori regolari e sull’arrivo di turisti, a causa di una percezione negativa sul trattamento, negli Stati Uniti, dei cittadini stranieri. I viaggiatori potrebbero inoltre essere dissuasi da controlli e pratiche burocratiche più lunghi e capillari. Il travel ban che Trump impose contro sette Stati a maggioranza musulmana nel 2017 portò a un calo degli arrivi internazionali, in quell’anno, con una riduzione degli arrivi dal Medio Oriente di quasi il 12% rispetto a un anno prima, secondo GlobalData.
INCENTIVI E FONDI PER IL TURISMO USA?
La strategia America First potrebbe promuovere il turismo nazionale come mezzo per far crescere le economie locali. A questo proposito, potrebbero essere introdotti incentivi fiscali per le piccole aziende turistiche, potrebbero essere stanziati nuovi fondi per parchi nazionali, siti storici e infrastrutture turistiche e potrebbero essere curate campagne di marketing di promozione di vacanze negli Stati Uniti. Incoraggiando il turismo interno, Trump potrebbe ridurre la dipendenza dal turismo internazionale.
Trump potrebbe infine decidere di rivedere gli accordi internazionali, come quelli Open Skies – che liberalizzano il trasporti di merci e persone sull’Atlantico – per favorire i vettori statunitensi. La volontà di Trump di cancellare una serie di regolamentazioni ambientali potrebbe poi dare sollievo, nel breve termine, agli operatori del settore, con una riduzione dei costi energetici e minori controlli sulle emissioni nocive.