Il comparto, da solo, vale 8 miliardi di euro l’anno. Se guardiamo a tutto l’indotto parliamo di cifre da capogiro: oltre 64 miliardi e circa 90mila nuove opportunità di lavoro. Questo è il Turismo delle radici, che coinvolge gli 80 milioni di connazionali e discendenti di italiani nel mondo che cercano i luoghi di origine dei loro familiari. Il 15% della spesa complessiva dei turisti stranieri in Italia nel 2022 è da addebitare a questo importante segmento del panorama turistico, come emerge dai dati diffusi in un convegno organizzato a Firenze da Confcommercio e Italea, il programma ad hoc avviato dalla Farnesina.
E qual è l’identikit del turista delle radici? Secondo l’indagine condotta da Swg per Confcommercio-Imprese, si tratta di un viaggiatore tra i 40 e i 60 anni, che vive in Nord America, Sud America, Australia o Europa, ed è un discendente di emigrati. Resta in media 12-15 giorni in Italia, con un budget complessivo di spesa fra i 3.000 e i 5.000 euro.
Nei fatti, il Turismo delle radici, rappresenta una controtendenza rispetto all’overtourism delle grandi città d’arte, considerato che i visitatori vanno alla scoperta dei piccoli borghi da cui emigrarono i loro avi. Ne è convinto Giovanni Maria De Vita, responsabile del progetto per la direzione generale Italiani all’estero del ministero degli Esteri: «Chi viene è interessato a vivere un’esperienza diversa. Viene per visitare i nostri piccoli borghi, ma anche per vivere le tradizioni e le abitudini di quei luoghi di cui tanto ha sentito parlare attraverso i ricordi delle generazioni che lo hanno preceduto».
Sono oltre 4.500 le richieste di viaggi o ricerche genealogiche e oltre 1 milione di accessi a italea.com. Oltre 60 gli eventi di sensibilizzazione organizzati dalle Italea regionali; 19 missioni all’estero con una partecipazione stimata di oltre 1,5 milioni di persone.
Che il settore sia in forte crescita è stato confermato poche settimane fa da uno studio del Centro Studi Turistici per Assoturismo Confesercenti, che stima in quasi 7 milioni gli arrivi attesi nel 2025 e 7,3 milioni nel 2026. La Toscana non è tra le regioni maggiormente coinvolte dal turismo di ritorno. Tra queste, piuttosto, vanno annoverate Veneto, Emilia-Romagna, Campania, Calabria, Abruzzo, Puglia e Sicilia.
Ciononostante, come ha evidenziato il governatore toscano, Eugenio Giani, «non sono comunque pochi i toscani all’emigrati all’estero, visto che nel 2023 erano 214mila, quasi il 6% della popolazione residente. E i figli, nipoti e bisnipoti di quei migranti, con la Toscana nel cuore, potrebbero oggi tornare a visitare la regione diffusa dei loro avi, i suoi borghi pittoreschi, le dolci colline, le isole e le montagne. Una scommessa e un’opportunità».
«A differenza del turista tradizionale, il turista delle radici non è attratto dalle mete più note, ma dalle località legate alla sua storia familiare – ha spiegato il presidente di Confturismo Toscana Confcommercio Daniele Barbetti – Questo significa, anche per la Toscana, che puntare su questa tipologia di turista equivale a valorizzare borghi, tradizioni e territori meno battuti, creando un ponte tra il passato e il futuro, tra chi è partito e chi ora ritorna».
Per il presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursano, che è anche vicepresidente vicario nazionale dei pubblici esercizi Fipe Confcommercio, «come Fipe Confcommercio guardiamo con interesse a questo nuovo segmento dell’offerta turistica. Ci aiuta a mettere in rilievo i nostri valori e a promuovere anche all’estero la conoscenza della vera tradizione culinaria italiana. I turisti delle radici sono mossi dall’amore e dal rispetto per l’Italia: nulla di più desiderabile come antidoto a quel turismo di massa che è diventato ormai insostenibile in tante grandi città italiane».