by Redazione | 8 Aprile 2024 13:57
Gli americani amano l’Italia. E amano molto anche il vino italiano. Dopo il crollo legato al Covid si è assistito a una crescita impetuosa negli arrivi, che nell’ultimo biennio (2022-2023) sono passati da 2,9 a 4 milioni. La spesa turistica ha visto un forte aumento, attestandosi a 6,49 miliardi di euro, secondo migliore valore dopo quello della Germania (dati Banca d’Italia).
L’Italia è tra le mete più gettonate del vecchio continente dagli statunitensi, subito dopo la Francia (rispettivamente con il 34% ed il 35% delle preferenze). Si tratta soprattutto di turisti che viaggiano in coppia (36%), che si fermeranno in Europa per una o due settimane (64%), con un budget giornaliero superiore a 200 euro (36%). Gran parte verrà speso in esperienze enogastronomiche, fra le più gettonate (con il 28% delle preferenze) dopo quelle legate a cultura (41%) e city-life (32%).
Se pensiamo ai numeri, si tratta di un target rilevante, che può trasformarsi in un vero affare per il food system italiano. Ma come? A questa domanda cerca di rispondere lo studio curato a quattro mani da Roberta Garibaldi dell’Università di Bergamo – autrice del rapporto annuale sul turismo enogastronomico in Italia – e da Matthew J. Stone (California State University, Chico) con una breve militanza in Enit, che fornisce insight mirati sui turisti americani e la loro passione per il cibo italiano: «Il potenziale è alto per l’intero sistema, soprattutto per le ricadute economiche che la loro presenza può apportare alle destinazioni e agli operatori».
«Questi viaggiatori – prosegue – sono interessati a una molteplicità di esperienze. Le più apprezzate sono: recarsi in un ristorante per un’esperienza culinaria memorabile (60%), di alto livello/gourmet (46%), acquistare cibo presso un food truck (44%) e mangiare, bere in un ristorante o bar famoso o storico (38%). I dati mostrano che spesso questi viaggiatori ricercano esperienze anche molto diverse tra loro (eventi, visite ai luoghi di produzione) e sono ben propensi a partecipare ad attività extra food».
Specialmente coloro che viaggiano alla scoperta del vino. Per esempio, negli ultimi due anni, il 49% dei wine traveller americani ha mangiato o bevuto in un ristorante o bar famoso o storico, rispetto al 34% degli altri viaggiatori. Inoltre, la metà dei viaggiatori presenti a un’attività legata alla birra ha partecipato anche a un’attività legata al vino. Allo stesso modo, il 54% di coloro che hanno visitato una distilleria o un percorso delle bevande (come il percorso del whisky) ha partecipato anche a un’attività enologica. Tra i wine traveller americani, oltre il 20% ha mangiato sia in un ristorante gourmet che in un food truck.
L’interesse per il turismo gastronomico e le esperienze gastronomiche sono più importanti, tra gli americani, per la Generazione X (nati nel periodo 1965-1980) e per i Millennial (nati nel periodo 1981-1996). Per quanto riguarda la Generazione Z, le esperienze sono spesso limitate dal budget a disposizione, ma la situazione è chiaramente destinata a evolversi con il tempo e con l’aumento del reddito per i più giovani.
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