È allarme occupazione nel turismo e nella ristorazione: l’emergenza Covid-19 che dura ormai da sette mesi sta mettendo a rischio 1,3 milioni di posti di lavoro. E solo ad agosto per alberghi e ristoranti sono state autorizzate 44 milioni di ore di cassa integrazione, corrispondenti a 254mila mensilità a tempo pieno. È quanto rilevato dall’Ente Bilaterale Nazionale Turismo nel presentare il XII rapporto “Osservatorio sul mercato del lavoro nel turismo” redatto da Federalberghi e Fipe.
Quest’anno, secondo le prime stime, da gennaio a maggio 2020 le assunzioni nei settori turismo e terme si sono ridotte dell’80% per i contratti di lavoro stagionale e del 60% per quelli a tempo determinato. E per i prossimi mesi il governo stima una riduzione delle assunzioni nell’ordine del 70%.
L’Ebnt evidenzia che durante il lockdown pressoché tutte le aziende del settore ristorativo hanno dovuto sospendere l’attività per quasi tre mesi per legge o sono state costrette a reinventarsi l’attività. Solo gli alberghi avevano la possibilità di rimanere aperti ma, non avendo ospiti, molti hanno dovuto chiudere.
Da marzo a maggio 2019 la media mensile dei lavoratori dipendenti nel turismo è stata di 1.262.921 unità. Di queste il 59,8% aveva contratti a tempo indeterminato, e quindi tutelata dal blocco dei licenziamenti, ma il restante 40,2% erano lavoratori con contratto a termine o stagionali.
Ma c’è di più: chi ha visto scadere il proprio contratto difficilmente ha trovato altre occasioni d’impiego, specialmente all’interno del settore. Da qui un ulteriore elemento di preoccupazione: la dispersione di competenze e professionalità che rischia di impoverire il settore e compromettere le capacità di ripresa.
Ebnt osserva che sebbene gli italiani non abbiano rinunciato del tutto alla vacanza ed abbiano avuto modo di scoprire meglio i propri territori, preoccupa l’approssimarsi dell’autunno. Con la riapertura delle scuole, la stagione estiva è ufficialmente conclusa e il settore non può sostenere i costi di un intero anno con i proventi di appena tre mesi di lavoro. Senza contare poi che mancano all’appello i turisti stranieri, cioè il segmento di mercato a maggior valore aggiunto in termini di spesa.
Dall’esame dettagliato della situazione occupazionale del 2019, fotografata dal XII rapporto “Osservatorio sul mercato del lavoro nel turismo” si possono comprendere le enormi ricadute che l’emergenza Covid ha avuto e avrà.
Nel 2019 gli occupati dipendenti nel settore turistico erano nella media dell’anno 1.300.512, con un aumento rispetto al 2018 del 4,7%. In particolare, si trattava di donne (52,6% sul totale) e i giovani (il 60,1% ha meno di 40 anni).
Nel commentare questo drammatico quadro delineato da Ebnt, il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, osserva: «Siamo ben lontani dall’uscita del tunnel. Per salvaguardare le imprese e i posti di lavoro, gli ammortizzatori sociali saranno necessari sino alla ripresa del mercato turistico. Servono inoltre misure di accompagnamento che promuovano il rientro in servizio dei lavoratori del settore. Il governo ha adottato alcuni provvedimenti che vanno nella giusta direzione, ma non sono sufficienti. Chiediamo che i vari strumenti vengano potenziati, sia integrando le previsioni del decreto Agosto, sia ponendo il rilancio del turismo al centro delle politiche mirate che dovranno essere adottate con la legge di bilancio e con il Programma Next Generation Eu».