Turismo, l’industria che non c’è

Turismo, l’industria che non c’è
12 Luglio 07:00 2024 Stampa questo articolo

VOICE OF LEADER di Pier Ezhaya – Fa quasi male a scriverlo ma bisogna dire la verità, prima di tutto. Il turismo in Italia è un bene prezioso, prolifero, indispensabile all’economia nazionale. Potrei elencare decine di altre virtù che detiene tranne affermare che sia un’industria.

Da anni si sente dire che questo settore deve fare il cambio di passo, salire di scala, uscire dallo schema del Titolo V, fare sistema prima di competere, ma siamo ancora molto lontani da questa aspirazione.

Qualche germoglio c’è, va riconosciuto; con il governo Draghi, se non altro, è stato istituito un ministero dedicato – mantenuto fortunatamente in vita anche dall’attuale governo – ma le cose da fare sono talmente tante che non si può pensare di aver risolto il problema solo costituendo un ministero.

Nel 2022 sono stato a Chianciano Terme agli Stati Generali del Turismo, che di fatto segnavano il passaggio di testimone da Massimo Garavaglia a Daniela Santanchè. Nessuno dei due ministri era presente all’evento, proprio perché cadeva nel periodo del passaggio di consegne, ma debbo dire che si è rivelato una kermesse molto densa di interventi, di ambizioni, di suggerimenti, di pensiero.

Si erano gettate le basi del Pst, il Piano Strategico per il Turismo, che in cinque anni avrebbe dovuto portare il Paese a confrontarsi con i grandi player internazionali.

Poco dopo, infatti, nacque questo documento programmatico, il Pst 2023-2027, un tomo di 322 pagine contenente gli indirizzi da dare a questo strategico filone aurifero del nostro Pil nazionale. In questo documento si parla di tutto, dal turismo sostenibile (con tutte le sue diramazioni) a quello nei borghi, dai balneari alla ricettività, dalla montagna alle esperienze e alla formazione. Forse, a essere sinceri, si parla un po’ poco di turismo organizzato, visto che occupa solo nove delle 322 pagine, segno che questo ramo della filiera è ancora poco percepito nei suoi valori e nella sua sostanza dalle istituzioni.

Detto questo, il Piano è pieno di buone, anzi di buonissime intenzioni. Se tutte prendessero corpo il nostro turismo nazionale farebbe un salto importante.

C’è un però, tuttavia, ed è un però grande come Piazza San Pietro. In questo Piano non ci sono investimenti e non si parla di risorse. E allora una domanda nasce spontanea. Come può trovare efficacia un Piano senza investimenti?

Tanto per dirne una, il Pnrr che per l’Italia cubava ab origine più di 220 miliardi, per il turismo ne vede richiesti poco più di 2, meno del 1%. E allora qualcosa non torna. Nel Forum di Baveno del 2023 – il nuovo format degli Stati Generali un anno dopo Chianciano – del Pst non si è fatto nemmeno cenno. Eppure, c’è davvero tanto da fare.

Federalberghi conta più di 32mila hotel in Italia; di questi solo il 6,8% è di una catena alberghiera contro il 21% della Francia e il 39% della Spagna, tanto per citarne due.

È necessariamente un male avere tanti alberghi indipendenti? Certamente no, ma è evidente che una catena assicuri standard gestionali e di servizio, uno dei veicoli più formidabili per essere leggibili all’estero.

La dimensione media degli alberghi in Italia è di 69 camere, una misura che non assicura ampie economie di scala e la classificazione alberghiera, le famose stelle, pur appoggiandosi a criteri nazionali poi si declina e si modifica a livello regionale, con buona pace degli stranieri che troveranno standard diversi a seconda di dove andranno.

Proprio nel Forum di Baveno ho sentito molto entusiasmo perché alcune catene straniere stavano investendo in Italia e acquisendo strutture. Mentre ascoltavo questo pensavo a come si sarebbero sentiti in Spagna o in Francia se, invece di essere orgogliosi delle proprie catene alberghiere nazionali, avessero festeggiato perché ne arrivavano di straniere a fare quello che non erano riusciti a fare loro.

Perché, invece, non proviamo a farne una nostra degna di questo nome? In Italia le prime cinque catene in ordine decrescente di fatturato sono Starhotels, Gruppo Una, Voihotels (Alpitour World), Hotelturist (Th Resorts) e Aeroviaggi (Mangia’s). Insieme non cubano 1 miliardo di fatturato ma, al di là della dimensione, quante di queste possono veramente competere con le grandi catene internazionali?

Sul fronte del vettore di bandiera, veicolo fondamentale per importare turismo come avviene in ogni Paese, siamo forse arrivati a una svolta. Dopo anni di un’Alitalia dissestata, ora Ita sembra aver intrapreso un percorso virtuoso, ma rimane indispensabile capire che ruolo avrà in Lufthansa e come potrà essere un volano per il turismo nazionale.

Le infrastrutture, che sono un fluidificante formidabile per ogni turismo, necessitano di grandi miglioramenti, soprattutto (ma non solo) al sud.

Venendo ai tour operator, essi sono mediamente piccoli in Italia, poco capitalizzati, sebbene abbiano un valore intrinseco molto elevato. Certamente pochi dei nostri t.o. sono in grado di andare a fare spallate con i grandi operatori internazionali come Tui o Der Touristik o, peggio ancora, quelli derivati dalle grandi catene alberghiere spagnole come World to Fly.

L’ho detto in decine di interviste: l’Italia è il più bel Paese del mondo. E lo dico da tecnico, non da italiano. Ma questa, che è una fortuna straordinaria, per certi versi rallenta il nostro processo di miglioramento, forti del fatto che i turisti, da noi, ci vengono a prescindere.

Ecco, io credo che dovremmo prima di tutto allontanarci da questo pensiero e credo anche che – perché il turismo possa diventare un’industria – occorra, non solo che sia dotato di un ministero, ma che sia centrale nell’agenda di governo e soprattutto in quella del ministero delle Economia.

Vanno messi denari e risorse a supporto di quel Piano. Se sapremo evolvere in questa direzione, non solo potremo dire di essere il Paese più bello del mondo, ma anche quello dotato del sistema migliore perché, diciamoci la verità: se ci mettiamo d’impegno, non ce n’è per nessuno.

L'Autore

Pier Ezhaya
Pier Ezhaya

Dal 2020 è presidente di Astoi Confindustria Viaggi, associazione dei tour operator italiani, il cui Consiglio Direttivo lo vede membro sin dal 2012. È anche membro del Board di presidenza di Federturismo in Confindustria, nonché direttore generale Tour Operating di Alpitour World.

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