Dopo anni di crescita, nel 2020 è diminuito il numero di occupati nel settore turistico. Si è passati da un anno record come il 2019 con 1,3 milioni di occupati a 953mila, il numero di occupati del 2011.
In sostanza, nel 2020 un dipendente del turismo su quattro ha perso la propria occupazione. Il calo peggiore ha riguardato chi aveva contratti a tempo determinato o stagionali: tra questi uno su tre ha perso il lavoro. La crisi ha colpito maggiormente le donne (183mila occupate in meno), i giovani e gli stranieri: queste ultime due categorie hanno visto ridursi l’occupazione del 30% e le giornate lavorate del 40%.
Per sostenere l’occupazione, da aprile 2020 a febbraio 2021 sono state autorizzate 55 milioni di ore di cassa integrazione in media al mese solo per alberghi e ristoranti, ma l’intero settore turistico chiede al governo di agire in fretta per evitare che il 2021 aggravi ulteriormente la situazione, incrementando i sostegni finanziari alle imprese e vaccinando i dipendenti, in modo da essere più attrattivi sul mercato.
L’andamento dell’occupazione dipendente dell’intera filiera del turismo italiano nel corso del 2020 è stato oggetto dello studio, basato su dati forniti dall’Inps, realizzato da Federalberghi e Fipe in partnership con Ebnt (Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo) Ecco in dettaglio i dati.
GLI OCCUPATI. I lavoratori dipendenti occupati in Italia nelle aziende del settore sono stati 953.548 nel 2020 mentre nel 2019 erano 1.300.512: una perdita del 26,7% degli occupati e del 37,9% delle giornate retribuite. Gli occupati sono stati per il 47,5% uomini e il 52,5% donne per un’età media di 37 anni. La maggioranza (58,9%) ha meno di 40 anni. Il 43,9% risulta assunto a tempo pieno e il restante 56,1% a tempo parziale. Gli stranieri rappresentano il 23,7% della forza lavoro dipendente. Le imprese ricettive contano una forza lavoro dipendente media annua pari a 177.282 unità, i pubblici esercizi 746.615, l’intermediazione 22.772, il termale 5.873 e i parchi di divertimento 1.005. Dei 347mila occupati in meno tra il 2019 e il 2020, 243 mila erano occupati nei pubblici esercizi, 92mila nelle strutture ricettive, 10mila nell’intermediazione e il resto nelle terme e nei parchi divertimento.
LE AZIENDE. Il numero delle aziende turistiche con lavoratori dipendenti è pari a 168.535, mentre nel 2019 era 200.388; di queste 21.810 appartengono al comparto ricettivo, 142.351 ai pubblici esercizi, 4.004 all’intermediazione, 221 al comparto termale e 149 ai parchi di divertimento.
LA DIMENSIONE MEDIA. L’organico nel settore turismo è passato da 6,5 lavoratori dipendenti per azienda nel 2019 a 5,5 nel 2020. Nel comparto ricettivo hanno lavorato 7,8 dipendenti per azienda e in quello dei pubblici esercizi 5,2 dipendenti per azienda. Nell’intermediazione, i dipendenti per azienda sono stati 5,8, mentre nel comparto termale e nei parchi di divertimento sono stati rispettivamente 26,3 e 6,2.
OCCUPATI PER LIVELLO PROFESSIONALE. I lavoratori dipendenti assunti come dirigenti ammontano a 765 unità, mentre nel 2019 erano 790. Nel comparto ricettivo se ne sono registrati in media 273, nei pubblici esercizi 331, nell’intermediazione 113, nel termale 29 e nei parchi di divertimento 19. Gli occupati del turismo in qualità di quadri erano 5.064 nel 2019 e sono diventati 4.651. Nei servizi ricettivi ne risultano 2.017, nei pubblici esercizi 1.790, nell’intermediazione 771, nel termale 60 e nei parchi di divertimento 12. Gli impiegati nel 2019 erano 125.799, mentre nel 2020 sono risultati 95.251: 38.943 nel comparto ricettivo, 35.323 nei pubblici esercizi, 18.136 nell’intermediazione, 2.663 nel termale e 186 nei parchi di divertimento. È una delle categorie più colpite con 30,5 mila dipendenti e 1,1 miliardi di giornate retribuite in meno (-24,3% e -37,5%). Nel turismo hanno lavorato mediamente 773.917 operai, mentre nel 2019 erano 1.067.948. Di questi, 128.011 appartengono al comparto ricettivo, 640.030 ai pubblici esercizi, 2.183 sono occupati nell’intermediazione, 3.054 nel termale e 638 nei parchi di divertimento. Nella qualifica confluisce la stragrande maggioranza delle figure professionali (cuochi, personale di sala, addetti ai piani e facchini). È la categoria che ha pagato il prezzo più alto della crisi con 294mila dipendenti e 8,5 miliardi di giornate retribuite in meno (-27,5% e -38,2%). Il numero degli apprendisti operanti nel turismo risultava pari a 100.752 unità nel 2019, mentre sono diventati 78.833 nel 2020. Nel ricettivo si registrano 8.008 apprendisti, nei pubblici esercizi 69.079, nell’intermediazione 1.529, nel termale 67 e nei parchi di divertimento 150.
OCCUPATI PER TIPOLOGIA CONTRATTUALE. I lavoratori assunti a tempo indeterminato nel 2019 erano stati 754.891 (il 58,0% del totale), nel 2020 sono diventati 610.758 (il 64,1% del totale). Il maggior numero, 500.234, lavora nei pubblici esercizi, 85.385 nel comparto ricettivo, 20.123 nell’intermediazione, 4.544 nel termale e 471 nei parchi di divertimento. I contratti a tempo determinato erano 360.621 nel 2019, mentre l’anno successivo si sono ridotti a 214.780, di cui 25.420 sono propri del comparto ricettivo, 186.822 dei pubblici esercizi, 1.806 dell’intermediazione, 538 del termale e 195 dei parchi di divertimento. Gli stagionali sono stati nel 2019 185.000. Nel 2020 sono diventati 127.353 di cui 66.196 nel comparto ricettivo, 59.186 nei pubblici esercizi, 842 nell’intermediazione, 791 nel termale e 339 nei parchi di divertimento. In termini di occupazione, le ultime due tipologie di lavoro – a termine e stagionale – sono state le più penalizzate dalla crisi pandemica: hanno perso il 40,4% e il 31,2%, per un totale di più di 203mila dipendenti. D’altro canto, tra chi aveva un contratto a tempo indeterminato, c’è stata una riduzione del 19,1% degli occupati e del 34,6% delle giornate retribuite, pari a 6 milioni. In termini assoluti, tra il 2019 e il 2020 sono andati persi 144mila posti di lavoro tra chi aveva un contratto stabile. I lavoratori assunti con contratto intermittente sono diminuiti di quasi il 40% passando da 143.159 a 89.757, di cui 11.347 unità impiegati nel comparto ricettivo, 78.007 nei pubblici esercizi, 177 nell’intermediazione, 128 nel termale e 98 nei parchi di divertimento. Sono stati 535.411 i lavoratori part time occupati nelle imprese del turismo nel 2020, mentre nel 2019 erano 698.161. Di questi 452.216 sono operai e 33.844 impiegati. Nel ricettivo sono stati 52.647, di cui 40.029 inquadrati come operai e 10.091 come impiegati; nei pubblici esercizi 473.417, di cui 410.244 operai e 16.981 impiegati; nell’intermediazione 7.577, di cui 879 operai e 6.156 impiegati, nel termale 1.314, di cui 740 operai e 552 impiegati; nei parchi di divertimento sono stati 457, di cui 324 operai e 65 impiegati.
OCCUPATI PER CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE. L’età media dei lavoratori del settore turismo è di 37 anni. In particolare, nel ricettivo essa è pari a 41 anni, nei pubblici esercizi a 36, nell’intermediazione è pari a 41 anni, nel termale a 46 e nei parchi di divertimento a 35. I giovani sono risultati i più colpiti sia per quanto riguarda la perdita in termini di dipendenti sia di giornate lavorate (-37,0% e -42,9% per gli under 20 e -28,1% e -39,2% per la fascia tra 20 e 30 anni). Nel turismo il numero delle lavoratrici supera quello dei lavoratori: 501.058 donne contro 452.490 uomini, con una percentuale pari al 52,5%. Nel ricettivo è donna il 54,7% delle persone occupate (96.901 lavoratrici) mentre nei pubblici esercizi il 51,4% (383.731 donne). Nell’intermediazione la percentuale di lavoro femminile tocca il 72,2% (16.438 donne). Nel termale la percentuale delle donne occupate è pari al 60,3% (3.539 donne) mentre nei parchi di divertimento è del 44,8% (450 donne). Le conseguenze del blocco generato dalla pandemia si sono fatte sentire in maniera particolarmente pesante sulle donne: -183 mila occupate nel 2020. Nel settore nel 2020 hanno lavorato in media 226.450 lavoratori stranieri (23,7% dell’occupazione dipendente complessiva). Di questi 45.858 sono occupati nel ricettivo (20,3%), 178.185 nei pubblici esercizi (78,7%), 1.903 nell’intermediazione (0,8%), 395 nel termale (0,2%) e 109 nei parchi di divertimento (0,1%). Ad aver avuto la perdita maggiore sono stati proprio gli stranieri che nel 2019 erano 324.775 (-30,3% in termini di dipendenti e -41,9% in termini di giornate retribuite). Gli italiani hanno avuto una perdita rispettivamente del 25,5% e del 36,5%.
STAGIONALITÀ. Il picco massimo di occupazione è stato registrato nei mesi estivi e in particolare ad agosto, con 1.274.403 lavoratori occupati, e a luglio con 1.217.178 unità. Il numero più basso di lavoratori si è concentrato nei mesi del lockdown con 395.077 occupati ad aprile e 653.336 a maggio. Anche nei mesi di minore stagionalità, nel 2019 il numero di occupati non era mai sceso sotto il milione. Anche per quanto riguarda le aziende, nei mesi estivi numeri più alti: 204.025 realtà attive ad agosto, seguito da luglio che ne ha contate 200.140. Nel mese di aprile il dato più basso, con 89.892 aziende. Nel momento di minima attività del 2019 (febbraio) le aziende attive con dipendenti erano più del doppio: 182.244. Rispetto alla dimensione media, infine, è ad agosto che è stata toccata la punta massima con 6,2 dipendenti per impresa. La punta minima è stata registrata ad aprile: 4,4 dipendenti. Rilevante è il fatto che nel 2019 la dimensione media minima si era verificata a febbraio (bassa stagione) ed era comunque di 5,9 dipendenti per azienda.
REGIONI CON PIÙ OCCUPATI. La Lombardia è la regione con più lavoratori dipendenti nel turismo: 171.606 unità. Seconda l’Emilia Romagna con 99.568 lavoratori, terzo il Veneto con 93.962. Seguono, il Lazio che occupa 90.229 lavoratori dipendenti e la Toscana che ne registra 65.578. Rispetto all’anno precedente, in queste cinque regioni, sono stati persi quasi 200mila occupati. Guardando a livello di macro-aree, a soffrire di più sono state le imprese turistiche del centro Italia: -29,6% degli occupati. Seguono quelle del nord ovest, con -26,6%, quelle del nord est con -25,8% e infine il sud e le isole con -25,3%.
PROVINCE CON PIÙ OCCUPATI. In testa la provincia di Milano con 80.108 lavoratori su un totale di 953.548 dipendenti. Al secondo posto la provincia di Roma con 72.276 dipendenti. Terza la provincia di Napoli con 34.142 lavoratori. Quarta la provincia di Bolzano che ha registrato 26.033 dipendenti e quinta la provincia di Torino con 25.705 dipendenti. Venezia è uscita da questa classifica in quanto nel 2019 aveva 37.332 dipendenti, mentre nel 2020 sono diventati 24.237.
IL COMMENTO DI FEDERALBERGHI. I dati diffusi dall’Ente bilaterale nazionale del turismo fanno luce su quello che la pandemia da Covid-19 ha comportato per il turismo italiano. Nel 2020, il numero degli occupati nel settore è calato vertiginosamente: le giornate retribuite sono diminuite del 38%. Inoltre, “200mila posizioni di lavoro stagionale e 150mila a tempo indeterminato sono state letteralmente polverizzate”, si legge nella nota di Federalberghi.
Il settore ricettivo ha chiuso l’anno con una perdita di 233 milioni di presenze: una flessione media del 53,4% rispetto al 2019 e punte che in alcune località hanno superato l’80%. Il costo occupazionale indica un crollo del 37,3% dell’occupazione dipendente negli alberghi italiani, con punte del 45,5% per i rapporti di lavoro a tempo determinato. A questo dato va aggiunto quello relativo all’integrazione salariale, che è stata nel 2020 pari a oltre mezzo miliardo di ore per alberghi e ristoranti.
«Questa emorragia di professionalità rischia di compromettere le capacità di ripresa del settore e di causare una crisi sociale profonda – ha dichiarato il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca – Occorre creare le condizioni per recuperare i livelli occupazionali ante Covid, intervenendo principalmente sul costo del lavoro. Le misure adottate con il nuovo decreto sostegni vanno in questa direzione, ma occorreranno ulteriori sforzi per raggiungere l’obiettivo del pieno rilancio del settore».