Site icon L'Agenzia di Viaggi Magazine

Turismo senza visto (o quasi): la nuova primavera

Visti

Controcorrente. Mentre le drammatiche crisi in Medio Oriente e Ucraina “chiudono” gli orizzonti e sclerotizzano i rapporti umani, il turismo va in netta controtendenza e “apre”: tolti i lucchetti alle frontiere dopo il tornado Covid, adesso molti Paesi – anche quelli considerati più rigidi come la Cina – sono impegnati a semplificare i visti o addirittura ad abolirli.

Insomma, nel giro di poco tempo siamo passati dalle restrizioni al “tana libera tutti”, segno che – come fa notare su Linkedin Michele Serra, amministratore delegato di Mistral Tour (Quality Group) – «il nostro settore si è ripreso, pure in un contesto complicatissimo di guerre e conflitti. È la prova definitiva che il turismo è parte imprescindibile della vita e della cultura moderna e costituisce un pilastro fondamentale dell’economia globale. Il turismo è l’antidoto più potente contro la mentalità di guerra che si respira oggi: trascurarne la difesa, la sostenibilità e le strategie di sviluppo sarebbe una follia».

Infatti, il travel è il settore che più di altri ha consolidato un’economia mondiale instabile, con entrate per 1,4 trilioni di dollari, come evidenzia il Barometro Unwto: il travel internazionale ha chiuso il 2023 all’88% dei livelli pre pandemia, con circa 1,3 miliardi di arrivi. E le previsioni per il 2024 certificano il completo ritorno alla normalità, grazie all’aumento della connettività aerea in tutto il mondo e a una ripresa dei mercati e delle destinazioni asiatiche.

Via, dunque, ai lacci burocratici in Cina, da sempre paradigma di intransigenza, primo Paese a chiudere i confini per il Covid e tra gli ultimi a riaprirli dopo un isolamento di tre anni. Il piano di rilancio di Pechino passa anche da una decisione “rivoluzionaria”: dal 1° gennaio sono state semplificate le richieste di visto per i viaggiatori provenienti dagli Usa, nonostante la forte rivalità economica. Per ottenerlo non ci sarà
più bisogno di presentare prenotazioni di biglietti aerei e alberghiere o lettere d’invito.

Inoltre, a novembre la politica di transito senza visto è stata estesa a 54 Stati e, soprattutto, dal 1° dicembre 2023 e fino al 30 novembre 2024 l’Italia e altri cinque Paesi – Francia, Germania, Olanda, Spagna e Malesia – sono esentati dal richiedere il visto per una permanenza di massimo quindici giorni. Il semaforo verde di Pechino ha indotto diverse compagnie aeree a incrementare le rotte Italia-Cina. Spicca Turkish Airlines, con collegamenti giornalieri da Istanbul su tre dei maggiori scali: Pechino, Shanghai e Guangzhou. «La ripresa del turismo cinese conferma l’importanza strategica della missione commerciale del ministero del Turismo nello scorso settembre – osserva la titolare del Mitur, Daniela Santanchè – L’obiettivo era proprio quello di rafforzare le sinergie con la Cina nell’ottica della presa dei flussi turistici asiatici».

In questo particolare clima di “distensione”, dopo la Cina, anche la Turchia – nonostante una storia di relazioni con gli States non sempre improntate alla serenità, anzi – concede ai cittadini americani di visitare il Paese senza visto: non avranno quindi più bisogno di ottenere l’E-Visa – il visto elettronico – al prezzo di 51 dollari. Il privilegio è stato esteso a Canada, Bahrain, Oman, Arabia Saudita, Emirati e ad altri 20 Stati.

Anche le strade di Filippine e Italia si incrociano sul fronte della semplificazione dei visti, attuata grazie all’apertura di altri due nuovi centri nell’arcipelago asiatico, per richiedere il via libera per il nostro Paese: sono quattro in totale, situati a Taguig City, Cebu, Batangas e Davao e gestiti da Vfs Global, la principale società di outsourcing e servizi tecnologici per governi e missioni diplomatiche nel mondo. Per i richiedenti anche un supporto supplementare da un call center e da soluzioni digitali come click-totalk, webchat, email, moduli web e chatbot per una rapida risposta alle domande. «Questi centri nelle Filippine svolgono un ruolo cruciale nel soddisfare efficacemente la crescente domanda di viaggi verso l’Italia, una delle destinazioni più popolari», osserva Kaushik Ghosh, responsabile per l’Australasia di Vfs Global.

«Le Filippine sono un mercato chiave per il turismo e gli affari per l’Italia e stiamo adottando tutte le misure possibili per facilitare e snellire i
processi per i viaggiatori – la conferma di Marco Clemente, ambasciatore d’Italia nelle Filippine – L’istituzione di nuovi centri per la richiesta di visti è un passo importante verso questa strategia pensata per sviluppare ulteriormente le nostre relazioni bilaterali». Non a caso è sempre più crescente l’interesse dei filippini a visitare l’Italia: 35mila i visti rilasciati nel 2023, ben oltre i 22mila del 2022. Per il 2024 l’Ambasciata punta ad aumentare i visti fino a quota 50-100mila.

Si tratta dunque di un passaggio fondamentale, che a suo modo ha celebrato il 75° anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra Roma e Manila. Alla base dell’incremento della domanda di viaggi verso l’Italia, infatti, ci sono i legami culturali di lunga data tra i due Paesi. Secondo gli ultimi dati del ministero del Lavoro, i filippini regolarmente soggiornanti in Italia sono 156.317 al 1° gennaio 2022, elemento che conferma la comunità in sesta posizione tra le principali di cittadinanza non europea.

Anche il governo italiano ha contribuito a creare una scorciatoia per ottenere i visti in modo più veloce, adottando due provvedimenti. Il primo riguarda l’aumento del personale delle nostre Ambasciate nei Paesi ad alta intensità di flussi turistici verso l’Italia: il via libera è arrivato grazie a un emendamento di Gianluca Caramanna (FdI), consigliere di Santanchè e capogruppo in Commissione Attività produttive, Commercio e Turismo a Montecitorio. L’altro rientra nel campo lavorativo e si riferisce ai cittadini extra Ue che sono stati dipendenti per almeno 12 mesi di imprese con sede in Italia o di partecipate che operano in Paesi fuori dall’Unione. Agevolazione che dovrebbe consentire l’arrivo di 8-10mila persone l’anno.

In un mondo costellato di muri e divisioni si distingue il Portogallo, che con il governo Mendes ha deciso di concedere visti di lavoro più facili e ingressi legali e sicuri. «Siamo il Paese dell’accoglienza», rivendica Ana Catarina Mendes, ministro degli Affari parlamentari e responsabile delle politiche sull’immigrazione.

Vera protagonista del travel globale degli ultimi anni, l’Arabia Saudita permette ai cittadini di Regno Unito, Stati Uniti e Paesi dell’Ue muniti di passaporto di ottenere un Visa on Arrival, senza necessità di chiedere il visto elettronico. Inoltre, per i cittadini dei Paesi appartenenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo è possibile inoltrare domanda per l’evisa.

Ci sono poi i Paesi che favoriscono l’ingresso dei cosiddetti nomadi digitali, che viaggiano da un posto all’altro e lavorano da remoto. Ecco la classifica dei primi cinque Stati in cui è più semplice ottenere un visto. Il primo è Anguilla (Caraibi): dietro pagamento di una tassa di 2.000 euro si ottiene il diritto di vivere nel Paese per un periodo compreso tra 91 giorni e 12 mesi esibendo la prova di un lavoro da remoto. Poi c’è Capo Verde, dove si può ottenere il visto online, pagando una tassa di 34 euro all’arrivo. La permanenza è permessa per sei mesi. Tra i requisiti, bisogna dimostrare di avere un estratto conto di almeno 1.500 euro negli ultimi 6 mesi. Terzo Paese la Colombia, una delle mete più ambite dai nomadi digitali, anche per la possibilità di rimanerci per due anni. Requisiti base: il pagamento di 52 euro per il visto, più una tassa variabile dai 170 ai 230 euro, a seconda del luogo di provenienza. Bisogna dimostrare di guadagnare almeno 900 euro al mese, sia come dipendenti che come freelance. A seguire la Namibia: qui il visto costa 62 euro, ma bisogna dimostrare di avere un introito minimo di 2.000 euro al mese per poter restare nel Paese per un massimo di sei mesi. Infine la Malesia, dove è possibile vivere anche per due anni pagando una tassa di 220 euro e dimostrando di avere un reddito minimo mensile di 2.000 euro.

Exit mobile version