Airbnb, croce e delizia del turismo spagnolo. Grande assente tra gli stand di Fitur, ma presenza constante nei dialoghi e nelle interviste dei big player del turismo iberico. Eppure non tutti sembrano avere le idee chiare su come gestire il fenomeno dell’home sharing, che proprio in Spagna ha fatto da traino per i record degli ultimi anni, provocando però ondate di proteste da parte sia dei competitor (catene di hotel soprattutto) sia degli abitanti della città di Barcellona e di altre località turistiche e scatenando il caso della cosiddetta turismofobia.
La contraddizione si fa più ampia, però, quando si confrontano sul tema il governo spagnolo e i privati, proprio durante la fiera di Madrid. Negli stessi giorni in cui si celebra lo storico risultato della Spagna – 82 milioni di turisti nel 2017 con un aumento del 8,9% sull’anno precedente e il sorpasso agli Usa come seconda destinazione globale – il primo ministro, Mariano Rajoy, tra gli stand di Fitur esalta il settore come «il più competitivo del mondo», mentre Gabriel Escarrer, amministratore delegato di Meliá Hotels International, mette in guardia il mondo del travel da Airbnb, «il più grande rischio per il turismo spagnolo».
Proprio la relazione tra crescita turistica e sostenibilità è il nodo che la Spagna si prepara ad affrontare nei prossimi anni, sebbene dalla fiera di Madrid non esca una ricetta o una soluzione unica.
GOVERNO VS PRIVATI. «È il settore del futuro che cresce a un tasso maggiore della media dell’economia mondiale – prosegue Rajoy in seguito alla visita allo stand della città di Madrid e a quello di Turespaña – Abbiamo tra l’80% e il 90% di repeater tra i turisti internazionali e il settore contribuisce per l’11,2% al Pil nazionale e per il 13% dei posti di lavoro (2,56 milioni)».
Ottimismo condiviso anche da Escarrer, ad di Melià, che cerca però di affrontare il problema della sostenibilità turistica scagliandosi contro la società di San Francisco. «Il modello Airbnb fa male al settore a alle città spagnole e la politica non sta facendo a sufficienza per contener un fenomeno che durerà a lungo – avverte in un’intervista rilasciata a Cinco Días – La crescita dei flussi turistici del 40% in quattro anni è chiaramente insostenibile se l’offerta di strutture convenzionali e hotel è stata solo del 2%. Una massificazione del turismo che danneggia l’identità delle destinazioni e trasforma le città in parchi a tema».
Non a caso Escarrer fa riferimento a Barcellona, dove in alcuni giorni dell’anno si concentrano fino a 700mila turisti solo sulle famose ramblas, mentre i visitatori regolarmente censiti dagli hotel non superano che qualche migliaio di persone.
«Bisogna creare un piano strategico pubblico-privato per disegnare un futuro più sostenibile. In quattro anni le catene di hotel hanno creato lo stesso numero di letti che nei precedenti 60 anni di storia turistica spagnola – rimarca il manager – Penso sia arrivato il momento non di punire, ma perlomeno pianificare e diversificare l’offerta sopratutto nelle città e nelle località balneari».
LE RISPOSTE MANCATE. Dalle colonne di un altro giornale spagnolo – El Economista – il ministro del Turismo e dell’energia Álvaro Nadal sembra sottovalutare l’impatto di Airbnb & soci, riducendo la problematica a un evento passeggero e eludendo le richieste delle varie comunità spagnole che chiedono una regolamentazione nazionale sul tema. Il governo, infatti, risponde alle varie realtà regionali che la legislazione turistica in materia è di competenza autonoma delle Comunidades e rimanda al mittente le accuse. Se invece ad alzare la voce è il settore privato, la risposta si fa più generica.
Nadal ha invitato l’industria spagnola ad innovarsi per affrontare al meglio le sfide future, glissando sull’impatto odierno dell’home sharing nelle maggiori destinazioni spagnole.«Le novità apportate dal modello Airbnb sono uno scherzo, una barzelletta, nei confronti di ciò che accadrà nei prossimi anni con la rivoluzione tecnologica e digitale che coinvolgerà tutto il settore del travel. Le imprese spagnole devono guidare il rinnovamento come hanno fatto le tedesche con la terza rivoluzione industriale».
E a dare uno sguardo tra gli stand di Fitur, questa ennesima rivoluzione si sta già ampiamente imponendo tra virtual reality, robot e blockchain. Nonostante questo, però, il gigante dell’ospitalità che non possiede nemmeno una camera resta il convitato di pietra di questa edizione di Fitur.
IL DIGITAL NON BASTA. Se realtà virtuale e digitale stanno cambiando le abitudini e i consumi del turista moderno e per quanto l’industria dell’ospitalità stia cercando di stare al passo con i tempi, resta ancora il dubbio su come le nuove tecnologie aiuteranno a gestire e pianificare i flussi nelle grande città, a risolvere almeno in parte lo scottante tema dell’overtourism.
In Spagna, leader mondiale della promozione e dell’accoglienza turistica, la tematica e sempre più urgente. Per ora, almeno a sentire Escarrer e Nadal, pubblico e privato sono molto distanti, due linee parallele che faticano a incontrarsi.
Intanto in una libreria del centro di Madrid, affollata di citybreaker italiani e inglesi, spunta nella sezione I più letti una copertina nera ad amplificare la scritta rossa fiammante: Maledetti Turisti, il titolo del volume.