Più dell’acqua altissima del 12 novembre – 187 centimetri – a Venezia i danni maggiori li ha provocati l’ondata mediatica che ne è seguita, con le prime pagine dei giornali di tutto il mondo dove campeggiavano immagini catastrofiche, a cui si è aggiunta la pioggia di disdette alberghiere: -50% nelle prenotazioni per Capodanno, solitamente sold out e quel che più preoccupa gli operatori veneziani -45% nell’advanced booking di Carnevale.
È Vittorio Bonacini, presidente di Ava, Associazione Veneta Albergatori, accompagnato dalla vice presidente Stefania Stea, a lanciare l’allarme in un incontro alla stampa estera: «La percezione di molti stranieri, che sono il 90% dei nostri arrivi turistici, è stata quella di uno tsunami, ma in realtà l’emergenza dell’acqua alta è durata solo una manciata di ore, creando – questo sì – molti danni materiali che solo per le strutture ricettive ammontano a circa 30 milioni di euro, ma il giorno dopo il fenomeno anomalo del 12 novembre, tutto è tornato alla normalità», dice Bonacini.
Il presidente Ava aggiunge che «bisogna spiegare all’opinione pubblica che quando si sente parlare o si legge di 1,40 metri d’altezza dell’acqua alta, il punto di partenza per calcolare la marea non è la pavimentazione di Venezia, bensì un punto 0 mareografico che si trova al di sotto del livello delle costruzioni in laguna; la città è 100 centimetri sopra il livello medio del mare. Così come occorre chiarire che il fenomeno dell’acqua alta è periodico ma quasi mai così invasivo. Ciò che è accaduto il 12 novembre è stata la concomitanza straordinaria di ben quattro fattori meteo quasi mai incidenti nello stesso momento, dai venti all’attrazione lunare. Ecco così spiegato il disastro dello scorso mese. Ma ora gli operatori turistici stanno pagando duramente le conseguenze».
Una situazione di stallo operativo che coinvolge alberghi, ristoranti e tutto il tessuto che ruota attorno alla filiera turistico-ricettiva. Come ha poi spiegato Claudio Scarpa, direttore di Ava: «Ci preoccupano le cancellazioni degli individuali, così come le disdette per meeting, congressi ed eventi incentive, perché il segmento gruppi, gestiti dai grossi tour operator stranieri – che conoscono la situazione – non ha risentito oltremisura di questo effetto mediatico ad ampio raggio. I 400 albergatori della nostra associazione, che raggruppa buona parte dei 274 alberghi situati proprio in centro a Venezia, continuano a ricevere disdette anche per febbraio e marzo, ovvero il periodo del Carnevale. Siamo preoccupati per le cancellazioni che provengono dai nostri tre principali bacini esteri, ovvero gli Stati Uniti (15% di share nelle presenze), Gran Bretagna (8%) e Francia (7%) che sono gli ospiti che pernottano e soggiornano stabilmente almeno due notti, generando il 70% del fatturato turistico di Venezia».
L’operazione “Venezia è viva” è ripartita proprio dai media stranieri che potrebbero fornire finalmente il giusto quadro della situazione: non a caso i giornalisti esteri sono stati invitati da Ava a soggiornare come ospiti graditi nella laguna, per raccontare come la città ha reagito e come è stata ristabilita la normalità in tutti i servizi ricettivi. Così come appare in via di soluzione il problema delle grandi navi, dirottate in altri punti della laguna.
Mentre rimane un cruccio l’overtourism alimentato dal fenomeno del pendolarismo turistico: degli oltre 31 milioni di visitatori che Venezia conta ogni anno, solo 11,5 milioni pernottano, soggiornano e generano profitto a tutto l’indotto, mentre gli altri 20 milioni sono gli artefice di quel “mordi e fuggi” che congestiona la laguna e lascia ben poco sul territorio, se non i loro rifiuti.