Turisti italiani dello shopping: chi, dove, quanto
Il turismo domestico può diventare interessante per lo shopping tourism: le potenzialità sono alte, anche per decongestionare le destinazioni vittime di overtourism, perché gli italiani mostrano di prediligere i negozi del centro e i prodotti tipici, a patto di dissolvere alcune zone d’ombra.
Ecco un’interpretazione che può emergere dalla nuova edizione di Shopping Tourism Italian Monitor, il rapporto di ricerca a cura di Risposte Turismo, che quest’anno ha deciso di esplorare un ambito spesso trascurato sul tema, ovvero quanti sono e come viaggiano gli shopping tourist italiani.
Dall’indagine, realizzata su un campione di oltre 700 italiani, emerge che tre su dieci hanno effettuato almeno un viaggio motivato dallo shopping. Milano è la destinazione più visitata (31%), davanti agli outlet (20%) e a Firenze (16,5%). Sempre il capoluogo meneghino risulta essere la seconda meta al mondo associata allo shopping tourism (48% dei rispondenti), dietro a New York (55%) e davanti a Londra (41%), Parigi (31%) e Roma (18%). Il 39% ha viaggiato per avere più scelta rispetto al luogo di residenza e un 31% per approfittare di prezzi più convenienti.
Nel carrello? Abbigliamento (82,9%), calzature (51,3%) e prodotti enogastronomici tipici (43,7%). I luoghi d’acquisto preferiti sono i negozi del centro e le vie dello shopping (76%), gli outlet (57%), i centri commerciali (47%) e i mercati cittadini (42%).
PERSONAL SHOPPER E TAX REFUND POCO DIFFUSI. Per quasi la metà gli acquisti hanno rappresentato dall’11 al 30% delle spese sostenute, mentre per due rispondenti su 10 oltre il 50%. Per un quarto del campione la spesa media giornaliera in shopping in vacanza è stata superiore ai 100 euro. Ci sono alcuni elementi da migliorare: è ancora contenuto l’acquisto di shopping tour e il ricorso ai personal shopper (3%). E il tax refund viene utilizzato da poco più di un italiano su dieci durante i propri viaggi fuori dall’Ue.
DATI E IVA I PUNTI CRITICI. Ci sono poi altre criticità da risolvere, come quella, comune a tutti i segmenti dell’industria, ricordata da Ivana Jelinic, presidente Fiavet: «La carenza strutturale quando si tratta di dati. Le analisi spesso differiscono dal momento attuale, mentre sarebbe necessario raccogliere i dati e verificarli quasi in tempo reale, come in altri mercati». E lo sguardo va alla Spagna, che già da tempo investe sul turismo dello shopping con un piano nazionale e ha eliminato la soglia minima di spesa richiesta ai turisti tax free, «che invece in Italia rimane a 155 euro – segnala Antonella Bertossi, partner relationship and marketing manager di Global Blue – L’abbattimento delle barriere è importante perché fa crescere il business».
C’è un’altra barriera che invece incide sugli acquisti domestici e l’appello arriva da Luca Patanè, presidente Confturismo-Confcommercio: «Per stimolare i consumi va ridotta l’Iva, che al momento è troppo alta rispetto a competitor come la Spagna – sostiene il manager – E per essere pronti all’incremento di arrivi atteso tra il 3 e il 5% nei prossimi anni ci vuole una politica nazionale integrata».