Site icon L'Agenzia di Viaggi Magazine

Tutta la storia di Alitalia e di quanto (ci) è costata

alitalia

Alitalia è costata 27,6 miliardi di euro, di cui 16,3 sulle spalle dei contribuenti (vale a dire 275 euro per ogni italiano) e 11,3 miliardi a carico di azionisti e investitori vari che si sono avvicendati in tutti questi anni. Queste le cifre che sarebbe bene tenere sempre a mente quando ci si avventura nella ingarbugliata vicenda della nostra compagnia di bandiera.

La storia di Alitalia e soprattutto la cronologia del suo disastroso dissesto sono stati documentati nel DataRoom/Corriere di Milena Gabanelli e questo rigoroso resoconto storico e contabile ha subito fatto il giro dei social e di molti siti web, riprendendo le fasi salienti di una storia tutta italiana. Una storia, quella di Alitalia che ha attraversato 78 anni e ben 67 governi, senza mai trovare veramente la quadra, salvo i primi 25 anni, dal 1947 ai primi anni ’70., con utili che all’epoca sfioravano i 16 miliardi di vecchie lire, ovvero 635 milioni degli attuali euro.

L’inizio del lento ma inesorabile declino della compagnia di bandiera vien fatto risalire agli inizi degli anni ’90 con le prime cospicue perdite, per quasi 1,5 miliardi di vecchie lire a carico dell’Iri che tiene botta per altri pochi anni, per poi passare la ‘patata bollente’ di una aerolinea dalle tasche bucate direttamente al Ministero dell’Economia.

E’ con questo passaggio che, secondo il Centro Ricerche della Bicocca che ne ha ricostruito la storia,  si aggravano i guai finanziari perché i bilanci cominciano a precipitare ed al Mef – almeno allora – non erano strutturati a gestire grandi aziende, ma soprattutto non c’erano  manager competenti e a disposizione, con l’unica eccezione di Domenico Cempella, uno dei pochissimi manager di specchiata esperienza maturata sul campo con la vera gavetta in aeroporto, che come amministratore delegato dal 1996 al 2001 riporta in utile la compagnia. L’apice del declino Alitalia avviene dal 2002 al 2008, soprattutto nei tre anni di gestione di Giancarlo Cimoli, che quando abbandona l’incarico lascia anche in eredità  perdite complessive per 7,2 miliardi di euro.

Inizia l’era dei prestiti-ponte mai restituiti e le cordate di salvataggio, come quella dei “capitani coraggiosi” che il premier Silvio Berlusconi individua in un gruppo di imprenditori italiani, chiamati a salvare la compagnia di bandiera per evitare che cada nelle mani di vettori stranieri come Air France o  Lufthansa. È la nascita di Alitalia-Cai (Compagnia Aerea Italiana) con l’ennesimo “pastrocchio” che segue la fusione con Air One del Gruppo Toto.

Nei cinque anni che seguono Alitalia perde altri 2,8 miliardi di euro e arriva lo “straniero”: il salvataggio assume le sembianze dell’aerolinea araba Etihad che sbandiera cospicui investimenti per rilanciare la compagnia italiana. Una operazione che dura solo 3 anni durante i quali Alitalia accumula altre perdite per 2 miliardi di euro. E si arriva così al 2017, con l’uscita di scena del vettore arabo e un commissariamento per fronteggiare un “profondo rosso” di 6,5 miliardi di euro, di cui quasi 4 miliardi a carico della componente pubblica.

La storia più recente degli ultimi anni è legata alle ben note vicende del Covid, che ovviamente hanno aggravato lo stato di salute della gloriosa Alitalia. Così nel 2021 si celebra la nascita di Ita (Italia Trasporto Aereo) Airways interamente partecipata dal ministero dell’Economia, con il piano di farla volare tenendo a bada i conti in attesa di trovare un partner forte in grado di sostenere un vero e concreto piano di rilancio, come spetta a una compagnia aerea nazionale.

Gli ultimi governi in carica ci credono e la stessa premier Giorgia Meloni con il ministro Giancarlo Giorgetti danno il via libera alla trattativa con Lufthansa, dopo aver scartato altre candidate. E siamo ai giorni nostri, con l’appendice di un epilogo Alitalia che non si è ancora consumato, poiché rimangono più di 2.000 dipendenti dell’ex aerolinea di bandiera in cassa integrazione, prorogata per l’ennesima volta fino all’ottobre 2025.

A ben vedere, quindi, non è stata ancora messa la parola fine alla storia di Alitalia, ma di certo c’è una rigorosa analisi dei costi socio-economici della ex compagnia di bandiera, elaborata dal Cesisp (Centro Studi in Economia e Regolazione dei Servizi, Industria Settore Pubblico) a certificare quella che il professor Ugo Arrigo, docente di Economia politica e finanza pubblica all’Università di Milano definisce «La brutta storia di una società (Alitalia) gestita secondo logiche non di mercato, senza mai una visione, né capacità manageriali. Il tutto pur di tenere il vettore in mani italiane, sotto stretto controllo sia politico che sindacale». Ora, con Ita “coniugata” Lufthansa, inizia un’altra storia tutta scrivere, ma non più con penne tricolori.

Exit mobile version