Tutti gli errori dell’ex regina Etihad
Quasi 3 miliardi e mezzo di dollari di perdite negli ultimi due anni. Sono passati poco più di dodici mesi da quando la fallimentare partnership con Alitalia è terminata sotto il colpo del “No” al referendum da parte dei dipendenti del vettore italiano, ma da allora le cose per Etihad sono andate sempre peggio.
Anche l’ultimo bilancio, il primo firmato dal nuovo ceo Tony Douglas, subentrato lo scorso gennaio a James Hogan, ha certificato che le partecipazioni azionarie in Alitalia e airberlin continuano a pesare sui conti, nonostante le perdite siano passate nel giro di un anno da 1,87 a 1,52 miliardi di dollari e, nell’ultimo trimestre, i ricavi derivanti dal traffico passeggeri abbiano registrato una crescita del 9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
I TAGLI E LA RISTRUTTURAZIONE. E se a livello globale è appena stato annunciato un ampio programma di business transformation, è di pochi giorni fa la notizia che in Italia i sindacati sono già sul piede di guerra per il previsto ridimensionamento della struttura che opera nel nostro Paese.
«Non condividiamo la decisione di Etihad Airways di licenziare 19 dipendenti su un organico che in Italia conta complessivamente 31 persone, tanto più che in altri paesi europei la compagnia sta adottando soluzioni molto meno impattanti», hanno messo le mani avanti Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl TA, dopo che il vettore ha avviato la procedura di licenziamento per i dipendenti operativi nelle sedi di Fiumicino, Malpensa e Milano.
In concreto, si tratterebbe di «un azzeramento di personale negli aeroporti di Fiumicino e Malpensa per le attività di scalo e per quelle commerciali negli uffici di Milano», che per il momento però non toccherà il personale di bordo e i collegamenti della compagnia in Italia. Operativi che, dopo l’abbandono della rotta da parte di Alitalia avvenuto lo scorso marzo, nel frattempo sono diventati gli unici che permettono di raggiungere Abu Dhabi dal nostro Paese.
La scure di Etihad però, non sta toccando solo l’Italia. In tutto il mondo, la perdita di posti di lavoro dovrebbe coinvolgere dalle 1.000 alle 3.000 persone (in tutto i dipendenti di Etihad sono circa 20mila). E, se anche qualche giorno fa, alla Reuters, Peter Baumgartner, senior strategic adviser di Douglas, ha detto che i tagli riguarderanno soprattuto il senior e mid-level management, i licenziamenti interesserebbero anche il personale di terra e di cabina. Non solo: il mese scorso il vettore di Abu Dhabi ha dato il via libera a quei piloti che vogliono, per un periodo non superiore a due anni, passare ai cugini di Emirates, in attesa che i conti migliorino.
I NUMERI DELLA CRISI. Fatto sta che negli ultimi due anni, non solo il numero delle destinazioni servite è passato da 177 a metà 2016 alle circa 100 attuali, ma anche il numero di aeromobili impiegati è calato (da 121 ai 115 della fine del 2017). Senza contare che, adesso, è diventato prioritario rivedere gli ordinativi miliardari già sottoscritti con Airbus e Boeing.
In totale, si tratta di 98 aeromobili da consegnare per l’azienda di Tolosa e di 77 per il colosso Usa, tra Boeing 777 e 787 e A350-900 e A350-1000. Numeri ormai troppo grandi per le necessità di una compagnia ridimensionata come Etihad, dopo il fallimento della strategia super-hub del passato e l’inizio di un modello di business che prevede lo sviluppo di collegamenti point-to-point.
Tutto il contrario, insomma, di quanto fa la rivale Emirates, che punta a trasportare passeggeri da un continente all’altro. E sempre a proposito di Emirates, è ancora tutta da stabilire la partnership che verrà, se verrà. Per adesso l’accordo sarebbe limitato all’handling e ad alcuni aspetti tecnici, ma in futuro tutto può accadere.
«Esiste una comunanza a livello personale, Ci troviamo molto bene, e c’è l’opportunità di evitare inutile competizioni per trarre vantaggi reciproci. Perché non farlo? Da parte nostra ci sarebbe solo da imparare», ha detto a più riprese Douglas.
I CONTI IN SOSPESO CON ALITALIA. E l’Italia? Oltre ai tagli previsti, sono due le questioni da risolvere. La più importante, ovviamente, riguarda l’inchiesta della procura di Civitavecchia che recentemente ha indagato per bancarotta fraudolenta relativa alla gestione di Alitalia i rappresentanti di Etihad, in primis l’ex amministratore delegato James Hogan e la sua squadra, ritenuti responsabili del buco finale dei conti, superiore a 400 milioni di euro.
Rimane poi sullo sfondo anche la questione del programma Mille Miglia dell’ex-compagnia di bandiera, pagato qualcosa come altri 112 milioni da Etihad per rilevarne il 75% creando una società a se stante come Alitalia Loyalty. Adesso, ha detto recentemente l’attuale direttore commerciale di Alitalia Fabio Lazzerini, è venuto il momento di procedere al ritorno del programma nelle mani di Alitalia, probabilmente entro fine anno.