«Mentre i tedeschi fanno riunioni di lavoro e iniziano a programmare voli e soggiorni per Portogallo, Marocco e Grecia, noi non abbiamo ancora un protocollo governativo né una linea nazionale sulle riaperture. Mi sembra folle». È allarmato e preoccupato il ceo di Ixpira Guy Luongo, che dal punto di vista privilegiato di operatore a 360° gradi e in più mercati, nota un ritardo preoccupante in vista dell’estate, con il dubbio che la formula tutta tricolore sbandierata in questi mesi sia frutto di una grande e rischiosa improvvisazione.
Cosa non la convince di questo Mare Italia per italiani?
«Troppe cose, e lo dico da specialista perché per Ixpira il core business era e sarà l’Italia. È impossibile immaginare un’estate produttiva se non ci sono ancora regole chiare dopo la tempesta Covid-19, se i ricettivisti stanno già gonfiando i prezzi e in assenza di un coordinamento sui modi e tempi delle riaperture anche fuori dal nostro Paese. Il Mare Italia per tutti non può esistere».
Al momento, però, non ci sono alternative al turismo domestico…
«Spero che invece ci siano, e bisogna cercarle come fanno gli altri europei. Perché non ci sono strutture e capacità sufficienti per contenere tutta la domanda interna, soprattutto con una dinamica dei prezzi già preoccupante».
Siamo già alla corsa al rialzo?
«Ci sono strutture, sia al mare sia in montagna, che hanno già aumentato del 30-40% le tariffe rispetto allo scorso anno. Capisco che bisogna recuperare i mesi di chiusura e i maggiori costi dovuti alle implementazioni da fare, ma così non si va da nessuna parte. Questa retorica dell’Italia agli italiani mi puzza un po’ perché sta già nascondendo furbizie e meccanismi opachi».
«Il problema è che non abbiamo un governo con cui puoi dialogare sul serio dal punto di vista turistico. Nessuno a livello governativo si è interrogato su come immaginare altre soluzioni e non ha ancora risposto su come e quando aprire. Il settore e le Regioni stanno facendo da sé. E nessuno – a differenza dei dirimpettai francesi e tedeschi – sta creando le condizioni per far fare anche delle vacanze fuori dall’Italia».
Come immagina una riapertura?
«La speranza è che dal 18 si rialzi la saracinesca e che entro fine maggio riapra l’Italia, entro fine giungo mi auguro tocchi a tutta l’Unione Europea ed entro luglio anche il mercato intercontinentale così che almeno nel secondo semestre possa ripartire tutto il sistema. Ma ci deve essere un meccanismo europeo per la riapertura. Il campo di battaglia sui corridoi, le regole per il trasporto e i viaggi deve essere necessariamente europeo e uniforme per tutti. È assurdo vedere due tre Paesi dell’Ue che fanno accordi tra di loro».
Dal punto di finanziario nulla sarà come prima…
«Ci saranno dei cambiamenti dal punto di vista creditizio. Già ci sono compagnie di carte di credito che hanno ridotto a un quarto il plafond iniziale. Una volta che si riaccende la macchina della tua azienda e lavori molto sul prepagato – penso al business travel, ma non solo – chi avrà il respiro per operare in tranquillità? Si riuscirà a fare ancora credito alle agenzie? Sono tutte domande che avranno una risposta nei prossimi mesi, e spero ci possano essere soluzioni che daranno più ossigeno alle imprese. Anche i contratti con gli alberghi e le regole del gioco potranno cambiare. Questa è un crisi profonda e bisogna agire con cautela».
Anche i grandi colossi dell’online – da Booking a Airbnb – devono stare attenti?
«Grandi o piccoli, questa crisi non fa differenze. Dopo il crac Thomas Cook dello scorso anno ci saranno altre chiusure eclatanti, forse anche tra le grandi Ota o bedbank. Come tutte le crisi, infatti, questo può essere un momento di ripartenza importante per chi ce la fa, per chi si muove agilmente, ha capacità di contrattare e investire e su chi sa differenziare».
Alla fine, però, come andrà il Mare Italia quest’anno?
«Vedremo, dipende tutto da quanto tempo ci daranno a disposizione per fare il nostro lavoro. Di una cosa sono convinto, però, per qualità e garanzia del prodotto bisogna affidarsi a operatori italiani, seri. In questo caso, sì, vale la retorica – diciamo nazionalista – l’Italia agli italiani».