Un anno vissuto pericolosamente

by Pier Ezhaya | 20 Dicembre 2024 7:00

VOICE OF LEADER di Pier Ezhaya – Il titolo riporterà alla mente dei cinefili il bellissimo film di Peter Weir del 1982 che raccontava il colpo di stato in Indonesia del 1965 ai danni del presidente Sukarno, interpretato da un giovane Mel Gibson, da Sigourney Weaver ma, soprattutto, dal Premio Oscar Linda Hunt. In realtà, il titolo si riferisce solo al racconto di questo ennesimo anno turistico che se ne sta andando in archivio. Per molti player che chiudono i bilanci a ottobre già ci è andato, per altri sta quasi concludendo la sua traiettoria solare.

Quando finisce un anno commerciale, quando hai buttato alle spalle l’agosto che determina la vita o la morte di molti operatori del mercato, avverto sempre una sensazione di day after, di naturale “rilassamento dopo la partita”. È tempo di fare il debriefing e di analizzare tutte le verticali per capire cosa è andato bene, cosa poteva andare meglio ma soprattutto cosa sta cambiando. Sì, perché questo settore è uno di quelli in maggiore trasformazione, cambia forma rapidamente e continuamente.

Che cosa ci portiamo via da questo 2024 dopo lo spettacolare 2023 che ha restituito smalto, orgoglio e luce al turismo organizzato?

La prima cosa. Il turismo organizzato c’è, esiste e resiste alla faccia di quelli che semplificano tutto idolatrando la disintermediazione e il “tanto faccio tutto da solo che è meglio”. Esiste perché ha un valore; per i clienti, prima di tutto, per i fornitori e per tutto l’ecosistema turistico, a cominciare dagli aeroporti.

Il ruolo di un agente di viaggi, che ti aiuta a trasformare il buono in ottimo e a esserci per qualsiasi tuo problema, risparmiandoti il consumo di farmaci per il mal di testa è sempre più tonico e non se ne abbiano a male i visionari del futuro che avevano dato i giorni contati al segmento retail.

E in salute mi sembra ci siano anche i tour operator, che rappresento con orgoglio nell’associazione che presiedo e che si sono difesi a tutte le latitudini, dai grossi player mainstream a quelli specializzati sul tailor made, da quelli che programmano solo Italia ai crocieristi, da quelli specializzati nel servire piccole nicchie a quelli che programmano viaggi studio che sembrano vivere una stagione di successi senza precedenti.

Semmai è cambiata la domanda, nella sua tempistica, intanto, ma anche nei suoi bisogni. Il 2024 ci ha raccontato di un “ordinato-disordinato” che ha avuto una forte accelerazione fino a metà marzo, un forte rallentamento fino a maggio e un colpo di coda a giugno e luglio. In fondo non ci dovremmo stupire perché questa è l’esatta fotografia dei clienti che serviamo: coloro che la vacanza la vogliono fare “senza se e senza ma” e la programmano molto in anticipo per avere la più ampia gamma disponibile e quelli che invece aspettano, che sentono maggiormente il peso di un’inflazione pesante e cercano in maniera tattica il prezzo migliore continuando a spostare in avanti la decisione. A completare il quadro ci sono gli ultimi, quelli che “forse vado forse non vado” o del “se trovo qualcosa di interessante parto altrimenti rimando” e che poi, quando il caldo comincia a farsi sentire e l’agosto a casa diventa una minaccia, alla fine prenotano, spesso pagando di più di quelli che hanno scelto a febbraio ma qualche volta, diciamocelo, anche sfruttando con un po’ di elasticità e flessibilità, gli ultimi posti disponibili e trovando l’offerta che cercavano.

Ecco, se dovessi tracciare 3 delta tra il 2024 e il 2023 direi: i) un revenge tourism meno tonante; ii) una curva dell’ordinato molto più ondulata e schizofrenica; iii) un’inflazione sempre più immanente nelle tasche degli italiani e quindi nelle scelte. Insieme a questo si è assistito a una maggior destagionalizzazione, forse per motivi di opportunità-prezzo e di una crescente richiesta di esperienze da inserire nei propri viaggi, anche in quelli più stanziali e riposanti. Le persone non vogliono più solo vedere luoghi ma soprattutto entrare in contatto col territorio che visitano, con le popolazioni locali e con la cultura del posto. Vogliono portarsi via ricordi indimenticabili. Bello, no?

Bisogna anche ratificare una situazione molto delicata negli aeroporti che sono arrivati quasi al limite[1] e una costante tensione operativa nell’aviation, dove si continua a scontare una carenza di macchine dovuta ai ritardi nelle consegne, soprattutto di Boeing, con conseguente stress dei nastri operativi dei vettori aerei.

Fortunatamente si è sentita meno quella trita polemica degli italiani prima in Italia; forse perché si è capito che in un mondo globale le persone vanno dove vogliono o forse perché alcune posizioni demagogiche e populiste hanno fatto il loro tempo anche perché di gente che diceva di fare le vacanze in Italia per sostenere il nostro Paese e poi andava in aeroporto con una macchina tedesca, una borsa francese, un orologio svizzero e magari volando con una low cost inglese o irlandese ne abbiamo vista fin troppa.

Sarà perché noi, programmando il mondo, non riusciamo a non vederlo come un insieme di spazi, di persone, di culture, di luoghi che hanno tutti diritto di esistenza e successo ed è giusto che le persone si muovano con la libertà che desiderano.

Alla fine, chiuderemo questo anno con una crescita del 5-6%[2] su un anno entusiasmante come il 2023 e a chi dice che si poteva fare di più mi piace ricordare che solo tre anni fa pensavamo di cambiare mestiere, mentre chiedevamo di stanziare sostegni a fondo perduto al settore. O no?

Endnotes:
  1. quasi al limite: https://www.lagenziadiviaggimag.it/allarme-iata-400-aeroporti-a-rischio-collasso/
  2. crescita del 5-6%: https://www.lagenziadiviaggimag.it/feste-osservatorio-astoi-ricavi-dei-t-o-al-12/

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