United-Delta, testa a testa in Borsa per le sorelle d’America
C’è un titolo sullo S&P 500 – il più importante indice azionario statunitense – che ha guadagnato il 154%, lo scorso anno, battendo big tech come Nvidia, Tesla, Meta Platforms e Alphabet. Nulla a che vedere con l’intelligenza artificiale, l’ultima storia di successo a Wall Street, o con il settore energetico. Si tratta di United Airlines.
IL 2025 UN ANNO D’ORO
La compagnia aerea statunitense ha registrato solidi risultati finanziari, nel quarto trimestre, e prevede che il 2025 possa essere più luminoso rispetto alle previsioni degli analisti. «Sarà l’anno migliore della nostra storia», ha commentato Scott Kirby, l’amministratore delegato. La sua forte presenza sulle rotte transatlantiche è un vantaggio importante sulle rivali, visto che il dollaro forte incoraggia gli americani ad andare in vacanza in Europa. Anche il titolo di Delta Air Lines ha registrato un forte rialzo annuale (77%). L’amministratore delegato, Ed Bastian, ha detto che il 2025 sarà l’anno migliore, anche per Delta.
Tutto questo sta avvenendo nonostante l’elevato prezzo del petrolio, che solitamente incide negativamente sui conti e sull’andamento dei titoli in Borsa. Il pessimismo della scorsa estate è stato completamente abbandonato. Gli investitori stanno anticipando il prossimo superciclo dell’industria aerea o stanno buttando il loro denaro in quello che Warren Buffett, il più grande investitore di tutti i tempi, nel 2008 definì «un pozzo senza fondo»?
Vedendo la storia dei titoli delle compagnie aeree – scrive Jon Sindreu in un’analisi del Wall Street Journal – si osserva che, dopo la deregulation del 1978, chi avesse investito mille dollari, equamente distribuiti tra i vettori, ribilanciando il portafoglio ogni mese, oggi non avrebbe praticamente guadagnato nulla, nonostante la domanda di viaggi sia raddoppiata, in questo periodo. Se aggiustati all’inflazione, però, i prezzi dei voli nazionali, negli Stati Uniti, sono diminuiti di circa il 50% dal 1978.
UN SETTORE A COSTI VARIABILI
Il problema del business delle compagnie aeree è che si tratta di un settore a costi variabili, con una serie di rischi non prevedibili che vanno dall’instabilità politica alle crisi finanziarie, fino alle pandemie. La rivoluzione dell’air travel ha favorito chi produce gli aerei, non chi li fa volare: secondo i dati dell’economista Kenneth French, citati dal Wall Street Journal, l’aerospazio è al terzo posto su 49 industrie in termini di rendimento ponderato durante questo periodo di tempo, mentre quello dei trasporti è al 28°. I vettori tradizionali soffrono le loro reti di gestione hub and spoke – in cui una compagnia aerea concentra i voli presso uno scalo che funge da hub – perché non possono essere facilmente modificate durante una crisi. L’emergere delle low cost, con aerei più piccoli e un sistema punto a punto, cioè senza un riferimento centrale, hanno dimostrato che gli aeroporti hub non sono una barriera competitiva come pensato.
Ovviamente, le low cost non sono necessariamente storie di successo, in Borsa: se l’investimento di 1.000 dollari fosse stato fatto su di loro, oggi in mano si avrebbero 9.426 dollari, a causa di tanti fallimenti e crisi, fino all’ultima che sta riguardando Spirit Airlines. L’unica vera storia di successo è quella di Southwest Airlines: quei mille dollari, oggi, si sarebbero trasformati in 314.000 dollari.
CHI VINCE IN BORSA?
Ora, i grandi vincitori in Borsa potrebbero diventare United e Delta. I viaggiatori per piacere, dopo la pandemia, si sono riscoperti amanti del comfort e delle mete lontane. Improvvisamente, Southwest e le altre low cost si sono ritrovate nelle retrovie e stanno cercando di migliorare i propri servizi. Se questa voglia di un’esperienza di volo più comoda dovesse durare, le compagnie a basso costo potrebbero fare fatica a tenere il passo.
All’inizio dell’anno, United ha annunciato un accordo con la rete Starlink di Elon Musk per portare la connessione wifi veloce e gratuita sui suoi aerei, a partire da questa primavera. Delta ha investito massicciamente nelle lounge di lusso e intende rifare gli interni degli aerei. «Ma non puoi semplicemente schioccare le dita e realizzare i tuoi investimenti generazionali dal giorno alla notte», ha commentato il chief commercial officer (cfo) di United, Andrew Nocella, parlando pochi giorni fa con gli analisti. Allo stesso tempo, i vettori hanno sviluppato la capacità di vendere tariffe basic economy con bagaglio imbarcato, selezione del posto e pasti a bordo addebitati come extra, puntando quindi, a loro volta, a fare concorrenza alle low cost.
IL PESO DELLE “TURBOLENZE”
Alcune di queste dinamiche sono state già vissute negli anni ’10, quando l’industria aerea emerse dall’ultima ondata di bancarotte e acquisizioni. In quel contesto, un portfolio con i titoli dei maggiori vettori – essenzialmente, scegliendo United e Delta e non American, in difficoltà dopo la fusione con Us Airways nel 2013 – fece meglio di Southwest, dando anche uno scarto di 27 punti percentuali allo S&P 500. Dal 2022, il crescente dominio delle nuove big two si è riflesso nell’aumento dei margini di profitto, mentre la maggior parte degli altri vettori soffriva la pressione dei maggiori costi operativi e un eccesso di posti venduti a basso prezzo.
Prendete American: anche se il titolo ha rimbalzato con forza dopo i problemi dello scorso anno, ha perso l’8,7% il 23 gennaio dopo una buona guidance, che aveva l’unico difetto di essere inferiore a quella delle due rivali.
Gli investitori devono comunque ricordare che gli anni ’10 sono stati un periodo di espansione economica senza precedenti, seguiti dalla peggior crisi nella storia dell’aviazione: quella provocata dalla pandemia di coronavirus. Nonostante i bailout governativi per salvare Delta e United nel 2020, i loro titoli hanno avuto bisogno di diversi anni per riprendersi.
Anche se queste crisi restano eccezionali, la storia del titolo di Southwest è istruttiva: se in media ha avuto, annualmente e dal 1978, per archi temporali di cinque anni, una performance di 1,3 punti percentuali migliore di quella dello S&P 500, ha registrato una performance inferiore di 13,2 punti percentuali durante i periodi di allentamento monetario e crisi economiche. Anche se Buffett sbaglia, brace yourself: le migliori compagnie aeree continueranno a soffrire le turbolenze.