Usa-Europa, la domanda di voli (per ora) resta forte

Gli amministratori delegati dei principali gruppi aerei europei ripetono che la domanda di voli tra Europa e Stati Uniti resta forte. Ma per quanto?
I top manager di Air France-Klm, Lufthansa Group e Iag hanno parlato a un evento a Bruxelles di Airlines for Europe – organizzazione che promuove gli interessi delle compagnie aeree europee e dei loro passeggeri – della situazione del turismo tra le due sponde dell’Atlantico, alla luce delle tensioni scatenate dal presidente statunitense, Donald Trump.
L’OPINIONE DEI BIG: LA DOMANDA DI VOLI RESTA FORTE
«Siamo probabilmente d’accordo che qualcosa sta succedendo là fuori. La globalizzazione sta cambiando», ha osservato Carsten Spohr, ceo di Lufthansa. Alla domanda sulla salute del mercato transatlantico, Ben Smith, ceo di Air-France Klm, ha detto, secondo quanto riportato da Skift: «Al momento, non vediamo cambiamenti, ma siamo preoccupati e osserviamo quello che succede molto, molto attentamente. Ora, non notiamo cambiamenti effettivi in termini di capacità. Tutto va come previsto». Smith, recentemente, ha dichiarato di puntare ai turisti facoltosi statunitensi per far crescere i profitti.
Della stessa opinione è Luis Gallego, amministratore delegato di Iag, gruppo a cui appartengono British Airways, Iberia e Aer Lingus. Gallego ha notato una frenata negli Stati Uniti, ma non sulle rotte dall’Europa. «Le compagnie americane dicono di non vedere un impatto sugli affari internazionali, ma vedono un rallentamento nella domanda interna».
Spohr ha sottolineato l’enorme capacità offerta dalle compagnie europee e dai loro partner statunitensi per l’estate come prova di un’industria in salute. «Non ci saranno mai più passeggeri sulle rotte transatlantiche di quest’estate, quindi non facciamoci ingannare dalle tensioni nei rapporti transatlantici in termini politici ed economici. In termini di relazioni, interazioni con amici e parenti e di vacanze al di là dell’Atlantico, il rapporto non è mai stato più salutare di quello previsto per l’estate 2025».
SENZA GLI USA, POCHE ALTERNATIVE
Il trio di top manager sembra però ignorare che le prenotazioni per l’estate, che parte già questa settimana con il rafforzamento dei collegamenti tra gli Stati Uniti e molte città europee, sono state fatte in gran parte prima dell’aumento delle tensioni tra le due parti dell’Atlantico e che qualsiasi cambiamento significativo nelle abitudini di viaggio non avverrà probabilmente prima della stagione invernale 2025-2026. Se la domanda per gli Stati Uniti dovesse diminuire, le maggiori compagnie aeree avrebbero poche alternative su cui puntare.
Per esempio, Spohr e Smith hanno detto chiaramente che puntare sul Sud-est asiatico non è possibile per le compagnie europee: non per la mancanza di domanda, ma per un contesto di mercato sbilanciato che rende impossibile fare concorrenza alle compagnie non europee. Smith ha citato l’esempio di un Nizza-Tokyo: non essendoci la possibilità di un viaggio non stop, un volo con scalo in un hub dell’Unione europea sarebbe tassato molto di più di un itinerario con scalo a Istanbul o in Medio Oriente.
Inoltre, in Ue ci sono maggiori costi del lavoro, maggiori protezioni per i consumatori e nuove regole in termini di inquinamento che pesano sui vettori europei. «Stiamo perdendo contro le rivali perché non giochiamo alla pari», ha denunciato Smith. Al momento, circa il 20% dei voli mondiali è operato da compagnie europee e circa un miliardo dei cinque miliardi di passeggeri attesi nel 2025 viaggerà in, per o dall’Europa.
TROPPE REGOLE: L’ESEMPIO ITA AIRWAYS
Un altro problema è l’eccesso di regole: Spohr ha per esempio sottolineato che per la recente acquisizione di Ita Airways «è stato alla fine necessario un documento di 700 pagine. Questo è solo un esempio della pazzia a cui siamo arrivati e questo deve finire». Secondo Airlines for Europe, gli oneri regolatori sono triplicati in un decennio a 15 miliardi di euro all’anno.