Vuole socializzare e condividere nuove esperienze, sperimentare formule di soggiorno “cool” e alternative e dare il suo contributo alla salvaguardia del pianeta. Il tutto senza troppi schemi, ma con il giusto tocco di flessibilità. È il viaggiatore dei tempi moderni, che ha un’età tra 18 e 35 anni, incastonato tra Generazione Z e Millennial. Un target prezioso che, stando a un sondaggio del giornale Usa Travel Weekly, le adv possono conquistare seguendo cinque semplici e infallibili regole.
Per prima cosa, i giovani viaggiatori vogliono conoscere nuove persone e uscire dalla dannosa e soffocante “bolla Covid”. «Vogliono partire con coetanei che condividono le stesse passioni – commenta Donna Jeavons, sales and marketing director di Contiki – Bisogna prestare attenzione a ogni dettaglio, compresi i supplementi, magari evitandoli, e spingendo su soluzioni di alloggio condivisibili anche con perfetti sconosciuti, con la possibilità di fare però nuove amicizie».
Particolarmente apprezzati i tour leader locali che, come sottolinea l’inchiesta, ispirano grande fiducia tra i giovani e offrono porte di accesso uniche nelle destinazioni, spesso impossibili da vivere se non si è del posto. Ed è qui che entra in gioco la seconda regola d’oro dello youth tourism, che vede protagonista l’integrazione e l’impegno nel sociale. «I ragazzi vogliono tutelare il pianeta e sono più che mai consapevoli dell’impatto delle vacanze sui territori e sulle comunità locali. Spesso è proprio questo uno dei punti salienti nella costruzione del loro viaggio», afferma Joanna Reeve, trade sales di Intrepid Travel.
Stesso feedback dal mercato italiano, che vede la startup Utravel – parte del Gruppo Alpitour, specializzata in viaggi per il segmento under 30 – evolversi ulteriormente passando dalla semplice formula Blind (per i viaggi a sorpresa) alla soluzione Club, che cavalca proprio il trend della voglia di aggregazione: «Nella Generazione Z la necessità di socializzare è molto più evidente che nei Millennial, e forse questo sorprende se si pensa di avere a che fare con un target completamente digitale – spiega il ceo Gianluca Di Donato – Ai ragazzi piace scegliere la meta, condividere il tempo con altre persone ed entrare in contatto con le culture locali».
I giovani vogliono scoprire il mondo a tutti gli effetti, «e bisogna accontentarli – prosegue – Va messa al centro la connessione tra viaggiatore e popolazione, va consentita la conoscenza di storie delle culture che si perderebbero (e andrebbero anche disperse, ndr) se non si entrasse in contatto con quelli che noi chiamiamo guru, ovvero coloro che accompagnano i nostri clienti negli angoli più nascosti dei Paesi del mondo. Il 70% fuori Europa, prevalentemente in Africa o ai Caraibi, e anche un po’ negli Stati Uniti».
Ma l’impegno sociale è anche sinonimo di turismo responsabile: «Sono da sempre portavoce di un travel etico, ma so che è molto complicato e spesso sembra quasi un ossimoro. Noi abbiamo il decalogo del viaggiatore sostenibile a disposizione dei nostri ragazzi e mensilmente sui social trattiamo temi per sensibilizzarli sull’argomento. Facciamo anche attività di compensazione delle emissioni, siamo al punto dell’attivazione del pensiero, ma manca ancora un po’ di strada per un cambiamento radicale». E ora passiamo alla regola numero tre: l’alloggio deve essere cool.
«In viaggio la struttura ricettiva scelta non è soltanto un posto in cui dormire – racconta Brian Young, managing director di G Adventures – Noi collaboriamo con Hostelworld e ogni soluzione proposta favorisce l’integrazione sociale ed esperienze selezionate, come lo yoga al tramonto, il beer pong, lezioni di cucina e tornei di beach volley». Senza dimenticare il peso di TikTok o Instagram: «Ad esempio, il Lub d Cambodia Siem Reap in Cambogia vanta angoli perfetti per le stories Instagram», suggerisce Young.
Così si arriva alla quarta regola: il viaggio deve essere flessibile. I giovani chiedono tempo libero, relax, personalizzazione delle attività e “comprensione” in termini di pricing, che deve essere necessariamente accessibile. Con la consulenza dell’espero che suggerisce se – a parità di budget – programmare un solo grande viaggio, oppure farne di più piccoli. Infine, imprescindibile l’impiego dei social media, necessari per dialogare con i nativi digitali, pronti tra l’altro a navigare nel futuristico mondo del metaverso. «Il rapporto è basato molto sulla comunicazione, va spiegato bene il concetto di viaggio e le mete con il punto di contatto più social che si può. Ci vuole un dialogo diretto», conclude Di Donato.