Il 2020 è stato l’anno dei record con il segno meno. Ma il Veneto è pronto a reagire, come sottolinea l’assessore regionale al Turismo Federico Caner.
«Il Covid ci sta stremando ma sta rafforzando una voglia di riscatto, di riappropriazione del livello qualitativo e quantitativo dell’offerta che il sistema turistico veneto ha saputo raggiungere nel corso degli anni – spiega – Se il 2020 rimarrà nella storia come l’annus horribilis, il 2021 e gli anni a venire non potranno che essere quelli della rinascita di una terra che ha sofferto molto, ma non ha mai perduto la cosa più preziosa: sé stessa. Condivido pienamente quell’atteggiamento di resilienza che, pur tra giustificate delusioni e recriminazioni per i mancati supporti governativi, il mondo imprenditoriale turistico veneto sta manifestando in un momento estremamente critico».
Dopo i record raggiunti dal turismo veneto negli anni precedenti, il 2020 si è chiuso con un -61,1% di arrivi e un -54,4% di presenze. Ciò è dovuto soprattutto alla riduzione di turisti stranieri, che nel 2019 rappresentavano il 65,3% dei visitatori, e le cui presenze nel 2020 si contraggono del 68,3%, mentre quelle nazionali calano del 25,3%, nonostante i segni positivi di agosto (+8,6%) e di settembre (+0,5%).
Lo scorso anno, prima del Covid, era iniziato bene: gennaio +8,1% e febbraio +2,1% nelle presenze, ma poi la pandemia, il lockdown e le limitazioni agli spostamenti hanno determinato il crollo dei flussi turistici: marzo (-83,7%), aprile (-95,7%), maggio (-93,4%), giugno (-79%). A luglio è iniziata la ripresa, con numeri che corrispondono alla metà di quelli registrati nello stesso mese del 2019; ad agosto le presenze hanno segnato un -28%, a settembre -31,9%, ad ottobre -58,7%, a novembre -73,3%, a dicembre -74,5%.
«Non è difficile, è doloroso commentare questi numeri e percentuali – prosegue Caner – Ma abbandonarsi allo scoramento non serve. È molto più utile affrontare la realtà con pragmatismo, fissando due obiettivi e rimarcando una consapevolezza: uscire dalla pandemia con la stessa determinazione che la Regione ha messo in campo per sconfiggere il virus, accelerando sul fronte della vaccinazione e nel contempo mettere in sicurezza le aziende della filiera turistica e le professioni a essa collegate, evitandone la loro scomparsa attraverso una veloce e congrua assegnazione di ristori e indennizzi. A questi traguardi si deve aggiungere la convinzione che le potenzialità dell’offerta veneta non sono state intaccate e restano inalterati i punti di forza, purché in futuro sappia innovarsi e stare al passo con una domanda in continua evoluzione».
Tutte le destinazioni hanno risentito della crisi. Le città d’arte e le località termali sono le più colpite con una perdita delle presenze turistiche superiore al 65%: le città d’arte hanno registrato 16,6 milioni di presenze in meno, la sola città di Venezia ne ha perse 9,4 milioni (-72,5%); alle terme mancano 2,1 milioni di presenze, cifra importante per questa tipologia di destinazione (-66,1%).
La stagione balneare si conclude con flussi turistici molto inferiori a quelli usuali (11,6 milioni di presenze in meno), riassunti da un -45,9%. I pernottamenti nelle località del lago di Garda sono dimezzati (-56,6%), 7,4 milioni in meno. Il turismo in montagna ha avuto un buon avvio del 2020 prima della pandemia e perdite lievi in estate, all’insegna del distanziamento, ma la contrazione dei flussi è pari a -24,2%, anche per l’impatto della chiusura degli impianti di risalita durante le festività natalizie.
La permanenza media del soggiorno per le destinazioni montane, ma anche nelle città d’arte, si è allungata.
Anche l’area del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, registra nel 2020 un dimezzamento dei flussi turistici (-53,1% degli arrivi e -45,6% delle presenze).
Per quanto riguarda le province, in quella di Belluno si segnala la perdita più contenuta, -24,8%, mentre le più colpite sono Verona, Venezia, Padova e Treviso, con perdite attorno al 60%.
Nei mesi estivi è cresciuto il turismo di prossimità – domestico e soprattutto regionale – con +6% a luglio, +15% ad agosto e +24% a settembre. I turisti provenienti dal resto d’Italia sono aumentati solamente ad agosto (+4%) ma, nonostante numeri inferiori al consueto, hanno dimostrato una propensione a raggiungere le destinazioni venete in tutto il periodo estivo.
Gli stranieri sono calati drasticamente (-68,3%), con qualche arrivo a partire da luglio, quando i confini sono stati aperti, e dati migliori ad agosto e settembre. In un periodo di spostamenti limitati, la clientela italiana assume un’importanza strategica, con il 53% dei pernottamenti (33% nel 2019).
Le riduzioni più contenute riguardano i turisti provenienti dalle nazioni più vicine all’Italia: Germania -54,3%, Austria -61,9%, Paesi Bassi -57,6%, Svizzera -55,2%.
È stato il comparto alberghiero a subire le perdite più rilevanti (arrivi -64,7% e presenze -60,8%), ma anche le strutture extralberghiere hanno sofferto (arrivi -54,7% e presenze -48,9%). Le perdite minori si riscontrano per gli agriturismi.