Viaggi d’affari: la Brexit non frena i manager
Brexit o non Brexit? Se è ancora presto per capire quali saranno gli effetti dell’uscita del Regno Unito deall’Unione europea per chi si muove per motivi di lavoro («la libertà di movimento delle persone» è destinata a finire, con il recupero del controllo delle frontiere» da parte di Londra, ha detto pochi giorni fa la premier britannica Theresa May nel suo discorso sul futuro delle relazioni con l’Ue), proprio la Gran Bretagna, e la sua capitale in particolare, è stata nel 2017 la prima meta per i business traveller europei.
A dirlo è il rapporto annuale “Cities & Trends” di Bcd Travel, basato sulla vendita di biglietti aerei presso il network di agenzie, secondo cui Londra, seguita in Europa da Vienna, Amsterdam, Zurigo e Parigi (la prima città italiana è Milano, che si piazza all’ottavo posto, dietro anche a Barcellona e Copenhagen, e davanti a Madrid e Francoforte), sono le città più gettonate da chi viaggia per affari.
«Notiamo che il numero di prenotazioni di biglietti aerei ha continuato a crescere nel corso dell’ultimo anno – ha detto commentando i risultati dello studio Stewart Harvey, presidente Emea della tmc – La posizione di alcune destinazioni riflette non solo la loro importanza come business centre, ma anche la loro attrattiva come destinazioni per conferenze ed eventi».
Per quanto riguarda invece le mete a lungo raggio preferite dai lavoratori europei, tra le cinque presenti nella top ten, gli ultimi dodici mesi hanno vista in testa al ranking New York (al secondo posto complessivo dopo Londra), seguita da Shanghai e da Dubai. Al quarto posto la città-Stato di Singapore e al quinto Pechino. Chiudono la classifica delle prime dieci, quattro città statunitensi: San Francisco, Chicago, Boston e Los Angeles, intervallate solo da Tokyo al settimo posto. Risultato: dopo gli Stati Uniti, primo partner per l’Europa, le principali città asiatiche fanno valere il proprio ruolo di secondo alleato commerciale per il vecchio continente.
Tutto ciò, però, in attesa che nei prossimi mesi entri in vigore quella che promette di essere una piccola rivoluzione anche per tutti coloro che arrivano per lavoro in Europa. La Commissione europea, infatti, ha fatto sue alcune proposte che mirano a rendere più facile la vita ai viaggiatori che vogliono entrare nel vecchio continente, con l’obiettivo dichiarato di migliorare l’accessibilità dell’Europa come destinazione di lungo raggio, soprattutto in considerazione della continua crescita di mercati come quello asiatico, cinese e indiano.
In particolare, le proposte di Bruxelles prevedono la riduzione del termine per l’accoglimento delle domande di visto da 15 a 10 giorni. Le domande, inoltre, potranno essere presentate fino a 6 mesi prima del viaggio previsto (attualmente la deadline arriva fino a 3 mesi prima della partenza), e tutto potrà essere fatto online. Inoltre, i visti con entrata multipla, quelli con un periodo di validità compreso tra 1 e 5 anni, verranno concessi solamente a frequent traveller degni di fiducia, al fine di combattere il cosiddetto visa shopping.
Questi viaggiatori, sottolinea la commissione, verranno poi continuamente monitorati nei loro spostamenti, per verificare il possesso delle condizioni per il rilascio di questo particolare tipo di visti. Per quanto riguarda, invece, i permessi per soggiorni di breve durata per chi proviene da Paesi appena al di fuori dei confini dell’Unione Europea, gli Stati membri saranno autorizzati a rilasciare permessi per un solo ingresso direttamente alle frontiere esterne terrestri e marittime; questo tipo di visti saranno validi per soggiorni di non più di 7 giorni, e unicamente nello Stato membro di rilascio.
Ulteriori misure, infine, verranno prese per rafforzare l’intero appartato di sicurezza europeo: i diritti di visto, ad esempio, passeranno da 60 a 80 euro. Secondo quanto si legge in una nota rilasciata da Etoa (l’associazione europea dei tour operator), tra i Paesi che potrebbero beneficiare in un futuro anche prossimo di una politica dei visti meno restrittiva potrebbe rientrare anche la Russia, forse a cominciare proprio dalla prossima estate, quando a Mosca e in altre città della federazione si svolgeranno i Mondiali di calcio.