Viaggi d’affari, il nodo della travel policy
Il problema del business travel, in fondo, sta tutto lì: perché una travel policy abbia successo, è necessario comunicare in modo efficiente le sue regole ai dipendenti. Questo in teoria, perché nella pratica le cose non vanno in modo molto diverso.
A dirlo uno studio di Gbta Foundation, che ha mostrato come circa la metà delle aziende (52%) aggiorni la travel policy una volta all’anno, e poco più di un terzo invia un’email informativa ai dipendenti una volta al trimestre (36%). Tutto sbagliato, secondo un sondaggio realizzato sempre dalla Gbta in collaborazione con Hrs perchè il segreto del rispetto della travel policy sta proprio in una comunicazione efficace. Eppure, recita il sondaggio, per il 79% degli intervistati il rispetto della travel policy è il fattore più importante in assoluto al momento della prenotazione.
Solo dopo vengono criteri come il comfort (71%), i costi (70%o) e la flessibilità (58%). Dunque se i dipendenti non si attengono alle regole, non dipende tanto dalla mancanza di volontà, quanto dalla scarsa comunicazione.
Il consiglio, secondo lo studio, è quindi quello di ascoltare meglio quali siano le richieste dei viaggiatori durante le loro trasferte, sia in fatto di extra che di servizi base. Tenendo però conto che, quando si parla di comunicazione tra travel manager e dipendenti, le cose vanno in modo ben diverso in Europa e negli Usa.
Un esempio? Se nel Vecchio Continente le mail sono lo strumento preferito di comunicazione dal 60% dei viaggiatori, questa percentuale scende al 53% negli Stati Uniti; percentuali simili poi, si verificano anche relativamente all’uso dell’intranet aziendale, mentre oltreoceano sono molto più diffuse le guide stampate (49% contro 29%).