by Maria Grazia Casella | 26 Giugno 2024 7:00
Alla scoperta dello Hunan, meta simbolo dell’inbound del gigante asiatico per Trip.com, dove storia, leggenda, antropologia e meraviglie naturali trovano sintesi.
Con un balzo di 7 chilometri e mezzo e un tragitto di oltre mezz’ora, la funivia più̀ lunga del mondo ci trasporta fino alla Porta del Paradiso. Un nome che suona un filo pretenzioso, bisogna ammetterlo, fino a quando non ci si trova al cospetto di quella meraviglia naturale che è la grotta di Tianmen. Un colossale arco naturale – che, tanto per farsi un’idea, misura oltre 130 metri di altezza per circa 60 metri di larghezza e altrettanti di profondità̀ – perfora la cima della montagna da una parte all’altra, incorniciando un’ampia fetta di cielo. O, a seconda delle condizioni meteo che da queste parti sono piuttosto variabili, facendosi trapassare da nuvole basse e banchi di nebbia di passaggio, creando effetti che lasciano a bocca aperta.
Letteralmente senza fiato rimane invece chi, tra i diversi percorsi possibili per raggiungere la base della grotta dopo l’ascesa in funivia, sceglie di salire la stairway to heaven composta dalla bellezza di 999 gradini, cifra che non a caso nella cultura cinese è simbolo di eternità.
Benvenuti a Zhangjiajie, nella provincia cinese dello Hunan, meta della Trip.com Group Global Partner Hunan Inbound Tourism Conference, che dopo la conferenza del gruppo tenutasi a Shanghai ha fatto scoprire ai delegati provenienti da mezzo mondo quello che può essere considerato il “cuore verde” della Cina. Il Monte Tianmen è infatti solo una, seppure tra le più rappresentative, delle 560 attrazioni naturali della Wulingyuan Scenic and Historic Interest Area, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 1992, che include ben quattro parchi nazionali per un’estensione totale di qualcosa come 69.000 ettari, per la quasi totalità ricoperti di fitte foreste.
Con questi numeri non c’è da stupirsi che lo Hunan nel 2023 abbia registrato complessivamente 660 milioni di arrivi turistici domestici (in gran parte dovuti anche al “turismo rosso” nei luoghi di Mao Zedong, originario di questa provincia), mentre quelli stranieri sono stati relativamente pochi, 1,1 milioni. Segno che l’eco delle meraviglie naturali, e non solo, presenti nella regione fatichi ancora a raggiungere il grande pubblico internazionale. Se fino a qualche tempo fa il motivo poteva essere in parte dovuto alla difficoltà di raggiungere queste zone remote per la scarsità̀ di collegamenti, dal 2017 l’aeroporto di Zhangjiajie ha aperto ai voli internazionali, e ai collegamenti diretti con le principali città cinesi si sono aggiunti anche quelli con Corea, Thailandia, Taiwan e Hong Kong. Mentre dal 2021 la stazione locale è connessa all’alta velocità che ha di fatto dimezzato i tempi di percorrenza con tutte le città cinesi del network e, da maggio, anche con Hong Kong.
Sebbene il Monte Tianmen sia il simbolo indiscusso della regione, al di fuori della Cina la vera superstar di quest’angolo dello Hunan è il Parco Forestale Nazionale Zhangjiajie, il primo in assoluto a essere stato istituito nel Paese di mezzo nel 1982. Per semplificazione, visto la difficoltà a pronunciarne il nome per chi non parla mandarino, conosciuto anche come il parco della Montagna Alleluja di Avatar. Sì, proprio come il film fantascientifico di James Cameron del 2009, ambientato sull’immaginario pianeta di Pandora dalle montagne fluttuanti sospese a mezz’aria: i leggendari Monti Alleluja, appunto.
Per creare quell’universo fantastico, il regista si sarebbe ispirato proprio ai paesaggi straordinari del parco dello Hunan, dove la natura ha forgiato una selva di circa 3.000 pinnacoli di quarzite arenaria ricoperti di vegetazione, che sembrano davvero venire da un altro pianeta. Essendo il parco molto vasto, per consentire di ammirarli al meglio, nei punti più̀ scenografici sono collocate piattaforme panoramiche, raggiungibili con sentieri nella foresta che si prestano anche per trekking impegnativi. Oppure si può salire con funivie che danno la sensazione di librarsi come gli avatar del film tra le affusolate torri di pietra che si innalzano verso il cielo ma che, a differenza di quelle del cinema, sono saldamente ancorate al suolo.
Visti dall’alto, questi paesaggi surreali, avvolti dall’abbraccio della nebbia o emergenti come isole dal mare di nuvole che ammantano le valli sottostanti, sembrano evanescenti dipinti antichi. Mentre visti dal basso, per esempio seguendo il corso del torrente della Frusta d’Oro ombreggiato da alberi secolari e fiancheggiato da centinaia di picchi d’arenaria, è come immergersi in un mondo fiabesco popolato da giganti millenari, scolpiti dal tempo e dalle forze primordiali.
Oltre che regno di infinite specie botaniche, la valle del torrente della Frusta d’Oro è anche l’habitat della salamandra gigante, l’anfibio più grande del mondo, che da queste parti viene pure allevato per consumo alimentare, essendo l’ingrediente di prelibati piatti della ricca cucina dello Hunan. Calda e piccante, con molte zuppe, abbondanza di peperoncino e cibi affumicati per contrastare la forte umidità e il freddo delle zone montane, è una delle otto cucine regionali della Cina. Tra i piatti tipici si possono trovare anguilla di palude, anatra croccante, maiale brasato, e poi funghi di diverse varietà, provenienti dalle montagne locali.
Non solo parchi e attrazioni naturali, Zhangjiajie vanta anche un eccezionale patrimonio culturale, dovuto alla presenza sul territorio di numerosi gruppi etnici che costituiscono circa l’80% della popolazione locale e hanno conservato orgogliosamente tradizioni, usi e costumi. Le etnie più numerose sono i Tujia, i Bai e i Miao e per conoscerli, o almeno avvicinarsi alla loro cultura, non c’è modo migliore che assistere al Zhangjiajie Charming Xiangxi Show, uno spettacolo folk scenografico di danze e musiche che va in scena ogni sera al Charming Xiangxi Grand Theatre.
I diversi modi di esprimere l’amore per le minoranze etniche Yao e Bai sono presentati attraverso balli accompagnati da canzoni romantiche.
I Miao rappresentano invece il “matrimonio in pianto”, un’usanza popolare tra le minoranze etniche che è l’espressione dei sentimenti contrastanti dolce-amari che prova una ragazza che sta per sposarsi. Mentre il gruppo etnico Tujia si esibisce nella Maogusi, una danza primitiva che manifesta sincero cordoglio verso gli antenati, l’attesa di un buon raccolto e la ricerca dell’amore.
L’antica città dei Tujia era Wangcun, ribattezzata nel 2007 Furong, ovvero “Città dell’Ibisco” in mandarino, come il titolo di un film dallo strepitoso successo in Cina girato proprio qui qualche anno prima, che fece scoprire al grande pubblico cinese questo caratteristico villaggio con più di duemila anni di storia. Conosciuta anche come “l’antica città millenaria sospesa sulla cascata”, fu fondata nel 202 a.C. dal re Tusi, capo della minoranza Tujia nei tempi antichi, sopra una maestosa cascata di oltre 60 metri che con un doppio salto si tuffa nel fiume Youshui.
Un luogo di grande fascino, che ha conservato l’architettura tradizionale tipica dei Tujia, che sono tuttora la popolazione prevalente in zona, con le caratteristiche costruzioni su palafitte addossate alla scogliera. L’edificio più̀ rappresentativo è il palazzo Tuwang, un antico castello di grandi dimensioni che si erge in posizione dominante su un costone roccioso, ricostruito durante la dinastia Ming e un tempo utilizzato come ritiro estivo dai nobili locali.
Dai piedi della cascata parte la via Wuli, una tortuosa strada lastricata in pietra che per secoli è stata la principale arteria locale, dai tempi in cui il villaggio era un importante snodo di trasporti via acqua e via terra. Una vocazione commerciale che mantiene tuttora, anche se gli empori di un tempo hanno lasciato il posto a negozietti di souvenir e ristoranti vista cascata che servono specialità della cucina Tujia.
L’ultima tappa del nostro viaggio è Fenghuang, una delle città antiche più̀ famose della Cina, e di conseguenza anche una delle più visitate. E non c’è da stupirsi: la città della Fenice (questo il significato del suo nome), fondata tre secoli fa all’inizio della dinastia Qing, anche se le sue origini risalgono a oltre mille anni fa, è a dir poco incantevole. Con gli edifici antichi perfettamente conservati raccolti lungo il fiume Tuojiang, le torri antiche, le pagode illuminate, le sale da tè, le lanterne rosse fuori dalle finestre, sembra davvero uscita da una stampa d’epoca.
Il modo migliore per visitarla è dal fiume, a bordo delle tradizionali barche coperte che scivolano silenziose sull’acqua sfiorando gli edifici più significativi della città. Magari di sera, quando l’illuminazione notturna degli edifici crea un’atmosfera fiabesca. Ecco le diaojiaolou, le tipiche case su palafitte che regalano scorci suggestivi e ricordano la presenza prevalente di Miao e Tujia.
Il ponte Hongqiao, che era già qui prima della fondazione della città, composto da due piani sovrapposti, uno per il passaggio delle persone, l’altro per esposizioni. La Torre della Porta Orientale, una delle quattro che un tempo proteggevano dagli attacchi nemici l’abitato, che per la sua posizione strategica ha attraversato numerose vicissitudini politiche e sociali.
Ma fedele al suo nome, Fenghuang, la città della Fenice, è sempre rinata, ogni volta più bella.
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