by Stanislao De Marsanich | 16 Giugno 2016 19:48
È difficile considerare la Thailandia solo una “meta”, soprattutto per noi italiani che in un viaggio amiamo essere travolti da vortici di sapori, tradizioni, odori e paesaggi che lasciano inevitabilmente l’acquolina in bocca. Poche ore a Bangkok, e ti rendi conto che hai aperto la porta di un mondo che ha una infinità di storie da raccontare, strade da percorrere, sorrisi da ricambiare.
Un aperitivo in uno degli esclusivi sky bar in cima ai grattacieli della capitale è una tappa più che piacevole, anche se da questa altezza ti senti piccolo piccolo quando osservi in lontananza le guglie d’oro del palazzo del Re del Siam e il tempio buddista dell’Aurora sulle rive del Menam, la madre delle acque, la Venezia dell’Oriente, “dove non s’ode che il tonfo dei remi, il canto dei marinai e dei rematori cipai”.
Vuoi capire come l’orgoglio di un popolo antico abbia saputo fronteggiare nei secoli le ambizioni di vicini potenti, e allora salti su un tuk tuk e ti fai scarrozzare tra le strade trafficate, i mercati dei fiori e i meravigliosi parchi, immaginando gli amori, i tradimenti, le battaglie e le presenze demoniache dell’epopea di Rama e del suo alleato Hanuma, “il generale delle scimmie figlio del dio del vento”.
Ed è il vento che ti porta a bere del tè nella capanna di un pescatore nella foresta dell’enclave mussulmana dell’isola di Ko Klang davanti alle straordinarie spiagge dell’arcipelago delle Andamane. Dietro le rughe che ornano il viso sereno, vedo una tigre che dalla lontana Mompracen ha deciso di fermarsi qui di fronte al mitico stretto delle Malacche a godersi un meritato tramonto.
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