La Cina riapre al turismo e alcuni Paesi, tra cui l’Italia, si proteggono da un eventuale nuova riscossa del Covid nelle sue diverse varianti imponendo di nuovo il modello tampone e quarantena. Così il travel torna a tremare: i primi a farsi portavoce di questo disagio crescente sono gli aeroporti europei.
L’associazione Aci Europe ha infatti espresso tutto il suo rammarico “per l’imposizione unilaterale di requisiti di viaggio relativi alla salute, inclusi test prima della partenza o all’arrivo dei viaggiatori provenienti dalla Cina. Queste azioni sono in contrasto con tutta l’esperienza e le prove acquisite negli ultimi tre anni”.
Nel frattempo, però, aumentano i Paesi che richiedono il tampone anti Covid per i voli provenienti dalla Cina: oltre all’Italia, anche Giappone, India, Malesia e Stati Uniti (questi ultimi a partire dal 5 gennaio) richiedono la prova negativa a un test e in caso di positività la quarantena. Nelle ultime ore, poi, si sono aggiunte anche Spagna e Francia in Europa, mentre il Regno Unito tentenna. Infine anche Corea del Sud, Taiwan e Australia e Canada hanno introdotto il tampone per tutti i passeggeri provenienti da voli diretti dalla Cina.
Secondo l’associazione degli aeroporti europei, però,”l’inefficacia delle restrizioni ai viaggi internazionali nel prevenire la diffusione del Covid-19 e delle sue molteplici varianti è stata inequivocabilmente riconosciuta sia dal Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ecdc) sia dall’Organizzazione mondiale della sanità”.
Aci Europe ricorda che testare i viaggiatori provenienti dalla Cina e/o imporre altre restrizioni non è né scientificamente giustificato né basato sul rischio, ma i Paesi “dovrebbero concentrare l’attenzione verso l’aumento del sequenziamento genomico per poter identificare possibili nuove varianti”. Un approccio che “come sollecitato dal commissario europeo per la Salute Stella Kyriakidou in una lettera inviata agli Stati membri, non richiede il test dei viaggiatori, ma può essere ottenuto attraverso mezzi come gli esami e i controlli delle acque reflue degli aeroporti”, ribadisce l’associazione.
«Stiamo precipitando di nuovo in un patchwork di restrizioni di viaggio ingiustificate e non coordinate, che non hanno nemmeno basi scientifiche – ammonisce Olivier Jankovec, direttore generale di Aci Europe – Sembra chiaro come si debba ancora imparare la lezione dolorosa degli anni passati. Queste restrizioni non funzionano e le attuali disposizioni per un coordinamento europeo sono fallite ancora una volta».