Non ci saranno sedili vuoti a bordo degli aerei di Ryanair nel post emergenza da coronavirus. È una proposta «da matti», ha detto il numero uno della low cost irlandese Michael O’Leary di fronte alle dichiarazioni fatte nei giorni scorsi da Wizz Air e da easyJet – «Il sedile di mezzo resterà vuoto per garantire il distanziamento – aveva ammesso il ceo della comapgnia inglese, Johan Lundgren).
Piuttosto, ha aggiunto O’Leary, l’Europa «dovrebbe guardare a quanto sta avvenendo in Asia, dove alcuni voli domestici stanno riprendendo con l’obbligo delle mascherine e della misurazione della temperatura per i passeggeri».
A gettare più di qualche ombra sul futuro delle compagnie low cost, però, non sono solo le nuove disposizioni in materia di sicurezza. A sottolinearlo è Repubblica, che mette in luce come il “fortunatissimo modello di business” su cui sono prosperati i vettori a basso costo, con “gente ammassata ai check in e nelle aree di imbarco per consentire agli aerei di stare a terra solo 20-25 minuti prima di decollare, e aerei riempiti come uova quasi al 100%”, oggi – e probabilmente per un po’ di tempo – è impraticabile.
I primi segnali di crisi, non a caso, sono arrivati dal fallimento della britannica Flybe, come pure dalla chiusura del brand Germanwings da parte di Lufthansa. Mentre anche per le due big, easyJet e Ryanair, la liquidità accumulata negli scorsi anni potrebbe non bastare a lungo, se è vero che nei giorni scorsi Lundgren ha rivendicato il rinvio dell’acquisto di alcuni aerei per non fare prosciugare la cassa a settembre.
E non è finita, perché la possibilità che molte compagnie tradizionali possano, alla fine, beneficiare dell’aiuto dei rispettivi governi, non sembra riguardare anche i vettori “no frills”. Non a caso, Ryanair ha già presentato ricorso all’antitrust Ue contro gli sgravi fiscali garantiti dall’esecutivo francese solo alle compagnie transalpine.