Site icon L'Agenzia di Viaggi Magazine

Voli sostenibili, chi paga il conto?

Voli sostenibili da adobe

Voli sostenibili

La rivoluzione sostenibile del trasporto aereo ha bisogno di enormi investimenti per raggiungere gli obiettivi dell’abbattimento delle emissioni. A conti fatti, però, potrebbe essere il cliente a pagare il prezzo più alto. La prima fase di questa svolta green ha visto le compagnie aeree concentrare gli investimenti sui combustibili alternativi (Saf), il rinnovo delle flotte, l’eliminazione della plastica a bordo e l’utilizzo di materiali riciclati per rivestimenti e uniformi. La seconda fase, però, sembra puntare più al finanziamento di queste e altre misure. Nascono le green fare, le eco surcharge, le donazioni anti-inquinamento: in poche parole nuove tasse da applicare sui biglietti, round di micrcofinanziamenti operati dai clienti.

LA STAGIONE DELLE “GREEN FARE”

Già nel febbraio del 2023 il Gruppo Lufthansa ha iniziato a offrire le green fare, tariffe speciali che integrano misure di riduzione delle emissioni di carbonio e compensazione direttamente nel prezzo del biglietto. Un piccolo balzello, un costo più alto rispetto alle tariffe classiche che i clienti possono scegliere di pagare per contribuire a contrastare il cambiamento climatico. Secondo il colosso tedesco, infatti, le green fare sono destinate a compensare il 100% delle emissioni di Co2 associate al volo prenotato: il 20% di tale compensazione è dedicato a finanziare l’uso del carburante per l’aviazione sostenibile (Saf).

Il restante 80% contribuisce a vari “progetti di protezione del clima”, come il sostegno allo sviluppo del biogas nelle zone rurali del Nepal e gli sforzi per la gestione e ripopolazione delle foreste in Europa. Ma rendere facoltativa questa scelta “consapevole” a quanto pare non basta. Prima dell’estate Lufthansa ha annunciato, infatti, la graduale introduzione dell’Environmental Cost Surcharge, un vero e proprio supplemento obbligatorio utile a coprire parte dei costi per l’utilizzo di Saf. Il supplemento può variare da 1 a 72 euro in base alla tariffa e alla classe e si applica a tutti i biglietti emessi dal 26 giugno 2024 con partenza dal 1° gennaio 2025 dai 27 Paesi dell’Ue, oltre a Regno Unito, Norvegia e Svizzera.

“Il supplemento è destinato a coprire parte dei costi aggiuntivi in costante aumento a causa di requisiti ambientali regolamentari richiesti dall’Europa”, si è prontamente giustificata Lufthansa, ammettendo di non essere in grado di sostenere da sola il prezzo degli investimenti “green”.

DONAZIONI E OPZIONE BIO

Stessa sovrattassa viene applicata anche da Air France-Klm, che dal 2022 chiede un surcharge di 4 euro in Economy e di 12 euro in Business su ogni biglietto staccato. Ma il Gruppo franco-olandese ha puntato molto anche sulla possibilità di finanziare la rivoluzione ecologica con una sorta di donazione, contributo volontario, che i passeggeri possono versare in fase d’acquisto o di check in, guadagnando più miglia, per contibuire ai costi del Saf.

Poche settimane fa, infine, Norwegian Air ha annunciato l’introduzione di un supplemento green per coprire i costi crescenti delle normative ambientali e della produzione di carburante sostenibile. La nuova imposta sarà implementata nel 2025 e “mira a sensibilizzare i consumatori in merito all’impatto finanziario dei viaggi sostenibili promuovendo un senso di responsabilità condivisa”, ha sottolineato il vettore norvegese. Solo due anni fa, il direttore generale di Iata, Willie Walsh, aveva dichiarato, infatti, che l’industria aeronautica sarebbe stata pronta ad accettare il fatto che il Saf è più costoso del jet fuel classico.

Nonostante le numerose promesse delle compagnie aeree e il sostegno dei governi per la produzione di carburanti sostenibili, non si riesce però a superare lo scoglio dell’approvvigionamento e dei costi delle materie prime. La soluzione, quindi, è quella di ricercare nuove forme di finanziamento. La compagnia scandinava Sas dall’aprile 2023 propone “tariffe Bio” che consentono ai viaggiatori di acquistare una fornitura di Saf da dedicare al loro volo. La scorsa estate, invece, Virgin Atlantic ha varato un programma per addebitare ai passeggeri un green fee su alcuni voli per coprire le spese di transizione al Saf. Il programma sarà a regime entro il 2030 su tutti i voli.

RISCHIO GREENWASHING

Un’altra tendenza, infine, è quella di offrire ai passeggeri la possibilità di compensare le loro emissioni di volo investendo in iniziative di riduzione della Co2 in specifici contesti (ad esempio, tramite la piantumazione di alberi). Delta Air Lines è stata la prima compagnia aerea nel 2007 a offrire questa tipologia di ancillary “verde”. Anche United Airlines, JetBlue e British Airways stanno adottando sempre più spesso l’uso di questi prodotti supplementari che i passeggeri “eco-consapevoli” possono scegliere di applicare ai prezzi standard dei biglietti.

Se la rivoluzione green, quindi, deve essere foraggiata da enormi investimenti, la pazienza del cliente ha anche un limite. Oltre al sistema dei costi, che viene sempre più scaricato alla base della piramide con nuove tasse e balzelli, il consumatore inzia a dubitare della reale trasparenza di queste soluzioni. Si instilla il dubbio, infatti, che le compagnie aeree operino un’elementare operazione di greenwashing, ovvero una strategia di comunicazione (e nondimeno di pricing) finalizzata a costruire un’immagine positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, distogliendo l’attenzione sia dagli effetti negativi per l’ambiente del trasporto aereo, sia dall’efficacia effettiva dei progetti di compensazione. Tutto questo, a che prezzo?

Exit mobile version